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Roma 2013, The Mole Song – La recensione in anteprima del film di Miike Takashi

Pubblicato il 15 novembre 2013 di emanuele.r

E’ probabilmente il più prolifico regista del mondo, Miike Takashi, basta vedere la partecipazione ai festival: l’anno scorso a Roma, in primavera a Cannes e ora di ritorno a Roma in concorso con The Mole Song, travolgente parodia degli yakuza movie che lui ha reso oggetto di culto in tutto il mondo.
Protagonista è Reiji, poliziotto inetto ma volenterosissimo che proprio in quanto tale diventa perfetto per una missione sotto copertura: catturare il boss di un clan, colpevole di traffico di droga, durante una guerra mafiosa in corso. Determinazione e la voglia di non morire vergine lo terranno in vita e lo porteranno a inaspettati risultati. Tratto da un manga di Noburo Takahashi e scritto da Kankuro Kudo, The Mole Song è un film comico demenziale nel corpo di un film di gangster, la versione nipponica del cinema dei fratelli Zucker oppure un noir sceneggiato da Seth MacFarlane, oltre che l’implosione definitivo della maniera con cui il cinema di Miike è conosciuto nel mondo.

Ace Ventura dell’anti-droga, Reiji è la classica figura di forza dell’ordine che crea disordine intorno a sé ma che sa poi risolvere tutto (Clouseau o il tenente Drebin come modelli) e che Miike usa per decostruire e dissezionare i generi e gli stilemi che da sempre lo hanno reso famoso, la violenza, l’eros estremo, i rapporti virili e quelli tra i sessi spesso venati di perversione diventano nel film un caleidoscopio di riletture demenziali che sottolinea per la sua costruzione e ritmo la differenza tra gioco e parodia, tra smontare e distruggere, tra il trash movie che Rodriguez vorrebbe riportare di moda e un film come The Mole Song con le sue idee precise, seppure folli.
Lo spettatore si ritrova così in un vortice invenzioni grafiche, narrative, visive praticamente senza sosta con personaggi geniali (il killer tatuato da leopardo), battute folgoranti (“Non sottovalutare la capacità di gestione crisi di un vergine”) e sequenze esilaranti come la canzone della talpa o il sesso con immagini anti-sessuali per prevenire l’eiaculazione precoce. Due ore e dieci sono molte per un passo simile, e infatti la distanza si fa sentire, ma i colpi di genio non mancano e se si ha voglia di un film che nei cliché trova un’assoluta libertà creativa, quello di Miike è il film giusto.

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