Da sempre amanti del cinema di genere e della serie B tricolore, i Manetti Bros. arrivano all’8° festival di Roma con Song’e Napule, un curioso omaggio al poliziottesco italiano dei Lenzi e dei Girolami unito a un viaggio nella cultura neo-melodica napoletana. Il protagonista infatti è un poliziotto senza troppe qualità che non siano il saper suonare il pianoforte: viene così chiamato a infiltrarsi nella band di una star locale che dovrà suonare a un matrimonio camorrista, nel quale è prevista la presenza di un latitante pericoloso.
Scritto dai Manetti con Michelangelo La Neve e prodotto dal compianto Luciano Martino, Song’e Napule è una commedia poliziottesca, figlia dell’Ispettore Coliandro ma anche delle sceneggiate di Ninì Grassia e della cultura popolare napoletana che spesso non esce dai confini della città.
Non una via di mezzo tra Napoli a mano armata e O’ zappatore, ma un modo simpatico per proseguire e rinverdire l’eclettica tradizione del cinema popolare italiano attraverso modelli che suonino popolari anche nel 21° secolo e per raccontare il lato vitale di una città anche attraverso l’indagine sui suoi mali: il canto melenso e la sparatoria, nelle mani dei fratelli diventano un prodotto divertente, pensato e realizzato – proprio come certo cinema con cui conquistammo il mondo – per divertire lo spettatore, intrattenerlo artigianalmente, senza grossi mezzi e magari prendendo le sbavature tecniche e i pochissimi mezzi come un vanto, ma dimostrando una simpatia e una genuinità non indifferenti. Caratteristiche che passano anche dal terzetto di protagonisti, Alessandro Roja, un perfetto Giampaolo Morelli e Serena Rossi, capaci di coinvolgere il pubblico e come lo spettatore metterlo a proprio agio.
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