Il vero, grande difetto di True Blood è nei suoi finali, spesso più deboli dell’annata che concludono e con la caratteristica di essere spezzato in 2. Come nel caso di La nuova vita (Radioactive), chiusura della 6^ stagione, la prima senza il creatore Alan Ball alla produzione e scrittura, da poco andato in onda anche su Fox in Italia.
Nella prima parte, Sookie e compagni devono affrontare la liberazione dei vampiri e Warlow, che ha deciso di sposare la mezza-fata contro la propria volontà; nella seconda invece, Bon Temps è alle prese con un’epidemia di Epatite V, un virus vampiresco di cui gli umani possono essere portatori sani e che rende i vampiri più affamati ma più deboli.
Scritto da Kate Barnow e diretto da Scott Winant, La nuova vita è due puntate in una, il finale sbrigativo ed esagitato della 6^ stagione, con la resa dei conti che dura il tempo di due schiaffoni, e il prologo della 7^ stagione – che dovrebbe essere l’ultima – che invece appare più calibrato e interessante.
Nella prima mezz’ora in pratica non accade nulla, se non che i vampiri tramutano le strade della città come una comune, in una sorta di versione orgiastica del ritorno degli ebrei sopravvissuti alla Shoah – una delle metafore più sfacciate dell’intera serie – e che Sookie deve salvarsi da Warlow (con l’aiuto di Bill) con la controindicazione che alla morte del cattivo tutti i vampiri con il suo sangue perdono il potere di sopravvivere al sole. E così Eric, al sole norvegese, brucia. La parte interessante dell’episodio è la seconda, 6 mesi dopo, con la popolazione che per combattere l’Epatite V deve “mescolarsi”, permettendo ai vampiri non infetti di cibarsi degli umani non portatori per immunizzarsi e salvare l’umanità: la parte politica della serie, il suo spessore torna a galla senza dimenticare le scene fuori di testa per cui sbaviamo, come quando la madre di Tara chiede scusa alla figlia offrendole il collo per nutrirla.
La nuova vita porta i pregi di True Blood ad alto livello, con in più l’annuncio di una futura stagione del tutto compatta e stimolante, ma anche ripete i suoi difetti e i suoi limiti, come l’incapacità narrativa nel dosaggio dei tempi, dei personaggi, degli eventi in un arco convincente. Resta sempre uno dei guilty pelasure migliori che si possano avere, pieno di scene folli, stupidaggini esilaranti e attori convinti come nemmeno in una parodia. Non sarebbe l’estate senza True Blood.
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