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Roma Fiction Fest 2013, Atom Egoyan tra cinema e tv

Pubblicato il 01 ottobre 2013 di emanuele.r

Si è aperto nel nome di John Greyson l’incontro che il regista Atom Egoyan ha tenuto con la stampa al Roma Fiction Fest: prima della Masterclass che si svolgerà all’Università di Viterbo, il regista armeno-canadese ha voluto incitare la stampa e il mondo del cinema a proseguire a mobilitarsi affinché Greyson, regista e attivista arrestato in agosto al Cairo, venga rilasciato. “Ci siamo mobilitati anche durante il festival di Toronto, ma la situazione politica egiziana rende tutto più grave”. Egoyan, dopo l’appello ai giornalisti per diffondere la notizia, ha parlato del suo rapporto tra cinema e tv.
“Ho cominciato negli anni ’80, dirigendo episodi di serie come Alfred Hitchcock presenta, Ai confini della realtà e Venerdì 13, ma all’epoca la tv era davvero povera creativamente, solo un mezzo per poter campare e mettere i soldi da parte per fare i miei film, e così molti altri miei colleghi. Poi è arrivato Twin Peaks, ed è cambiato tutto. Anche se poi prima che l’intero settore cambiasse ce ne è voluto di tempo: quando nel ’92 HBO comprò i diritti del mio film Il perito glieli ho lasciati, perché non m’interessavano, ma oggi correrei a lavorarci, per il modo in cui la tv è cambiata, il livello narrativo e qualitativo è enorme. Tanto che sono arrivato a un patto con mio figlio: lui, che leggeva poco, ha cominciato Delitto e castigo, io I Soprano: sono rimasto folgorato. Ora penso ai grandi show come Mad Men, Breaking Bad eccetera e sono senza parole. E ho capito la differenza tra chi scrive un film, che è come uno scrittore di racconti, e chi scrive una serie contemporanea, che è un romanziere: due miei colleghi, Neil Jordan e John Sayles, che hanno lavorato molto in tv, non a caso sono anche bravi romanzieri”.

Come regista cinematografico, Egoyan ha da poco finito un film dal titolo Devil’s Knot, su terribile fatto di sangue in Arkansas (“una storia profondamente americana, chissà perché hanno scelto me per dirigerla”) tra thriller, melodramma, documentario e legal drama, e deve montare The Captive, storia di tre coppie con Rosario Dawson e Ryan Reynolds, due film che lo hanno portato a riflettere sul confine anche culturale tra cinema americano e canadese: “Come filmaker canadese devi sempre decidere in quale sistema vuoi lavorare, se vuoi soldi, pubblico e mezzi vai in USA, altrimenti fai come me e resti in Canada con una diversa sensibilità e capacità creativa, avvicinandoti a Hollywood  in modo più semplice e interessante. Il punto per me dolente è che negli States ogni questione è una questione di soldi, ogni idea non può essere realizzata, deve venire opzionata e monetizzata. Questo è alla base anche dell’americo-centrismo che impedisce agli americani di pensare che qualcosa di buono o popolare venga da fuori, o magari che se l’avessero fatto in USA sarebbe stato meglio: così nascono i mille remake”.
Ogni buona storia deve avere un che di circolare, e allora Egoyan è pronto a tornare a lavorare per la tv? “Ho un’idea, una miniserie tratta da Due settimane in un’altra città, ma ci lavorerei solo come regista, perché il passaggio con il cinema è più facile. Come sceneggiatore invece non credo di essere in grado, sono solo uno scrittore di racconti”.

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