(articolo a cura di Matteo Boscarol)
Uscito nelle sale giapponesi lo scorso sabato Like Father, Like Son, in competizione nell’ultima edizione del Festival di Cannes, è stato senza dubbio il film diretto da Hirokazu Kore’eda che più è stato spinto nel circolo mediatico giapponese. Due sono i fatti che hanno determinato questa campagna battente, innanzitutto il protagonista maschile, Masaharu Fukuyama, musicista ed attore fra i più popolari in Giappone, i suoi concerti registrano sempre il tutto esaurito nel Paese del Sol Levante, così come le serie televisiva a cui ha partecipato sono sempre schizzate al primo posto nelle classifiche dei più visti del mese. Anche se spesso le sue performance attoriali non sono memorabili, qui, grazie al talento di Kore’eda, regista che fa valere il suo passato di documentarista con un uso della luce naturale meraviglioso e in una gestione degli attori che sorprende sempre, sembra essere riuscito a creare un personaggio cicito su misura per lui. L’altro motivo di questa copertura mediatica totale del film è senz’altro racchiuso nel nome del maggior produttore, la Fuji Film, una delle emittenti private più popolari e potenti in Giappone.
La notizia del giorno però è che i diritti per un remake in lingua inglese sono stati ceduti dalla compagnia giapponese alla DreamWorks, anche per intercessione del suo co-fondatore Steven Spielberg, presidente di giuria a Cannes che sempra abbia molto amato il film. In effetti questo lavoro si presenta molto spielbergiano, la storia di un padre che improvvisamente viene a sapere che il suo bambino non è il suo vero figlio naturale, superato lo shock iniziale l’uomo comincia a chiedersi che significa avere una famiglia “naturale” e a confrontarsi con tutti i dilemmi che la situazione solleva.