Gli epiteti si sprecano: da genio, a ragazzo prodigio a enfant terrible. Fatto è che Xavier Dolan ha 24 anni, un culto alle spalle fatto di film amatissimi e che alla Mostra del Cinema di Venezia port il suo 4° film, Tom à la ferme una storia di dolore familiare che il suo talento trasforma in qualcosa di imprevedibile.
La storia è quella di un ragazzo che, al funerale del suo compagno, viene costretto dal fratello del defunto a fingere di essere un amico per non turbare la sensibilità materna, che immaginava il figlio con una donna. Una situazione che si colorerà di sfumature via via più tetre.
Scritto e interpretato dallo stesso Dolan da una pièce di Michel Marc Bouchard, Tom à la ferme è in pratica un horror dei sentimenti, un dramma su una famiglia disgregata, alle prese con un fattore esterno, che diventa un percorso sempre più teso nelle paure, nei segreti, nelle rabbie represse della sessualità.
Il rapporto tra la città e la campagna (la fattoria del titolo), la presunta apertura mentale urbana contro le tradizioni contadine e soprattutto l’incapacità di elaborare lutti “sociali”, nel senso che non colpiscono solo le persone ma anche le comunità che li circondano, diventano per Dolan attraverso cui raccontare una parabola sulla realtà e la finzione, sulla conoscenza intima e le maschere che ci costruiamo che passa necessariamente anche dalla messinscena cinematografica: un dramma ironico diventa un thriller rurale, un melodramma si tinge di orrore, la paura e l’amore convivono nella stessa inquadratura.
Dolan sfodera una tensione che nasconde il suo lato tenero, come i personaggi morbosi e teneri fino al disarmo, e realizza un’opera che mette in mostra un talento forte e sempre sorprendente: a partire dal magnifico incipit, Tom à la ferme mostra un senso della costruzione, dello spazio filmico (con il formato che diventa Cinemascope in due scene quasi action), dei luoghi e un istinto registico che davvero fanno pensare al genio. E l’uso della musica, da Les moulins de mon coeur a Rufus Wainwright passando per la partitura di Gabriel Yared, da qualcuno criticata, mostra invece i segni di un regista che se già non lo è si avvicina alla grandezza.
Anche quest’anno ScreenWEEK è al Lido per seguire la 70. Mostra del Cinema di Venezia. Continuate a seguirci per tutti gli aggiornamenti dal Festival.