#venezia70 – Moebius: la recensione del nuovo film di Kim Ki-Duk

#venezia70 – Moebius: la recensione del nuovo film di Kim Ki-Duk

Di laura.c

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Il potere castrante della figura materna, il terrore dell’impotenza, il masochismo estremo,  il ribaltamento del ruolo uomo-donna durante l’amplesso e per finire complessi edipici e l’incubo dell’incesto. È davvero difficile riordinare in un unico elenco e in modo organico tutti i temi affrontati o magari solo suggeriti da Moebius, nuovo viaggio nella galleria delle sofferenze umane diretto dal geniale regista coreano Kim Ki-Duk. Presentato  fuori concorso alla 70. Mostra del Cinema di Venezia, il film descrive le dinamiche distruttive causate dal sesso all’interno di una famiglia, anche se questo piccolo microcosmo di ossessione si rileva presto simbolo di un grumo di tensioni irrisolte e di manie circolanti all’interno di tutta la società coreana, o forse di ogni comunità umana in generale.

Tutto parte dal tradimento: una moglie viene mostrata esasperata, ormai sull’orlo della follia, a causa dell’infedeltà fiera ed esibita del marito. Non riuscendo a fermarlo né a sfogare la sua rabbia su di lui, si avventa sul figlio adolescente, privandolo brutalmente dell’organo genitale per poi sparire nel nulla una volta realizzata la ferocia della propria azione. Questo gesto estremo e incontrollato, nel frattempo, innesca una spirale di dolore in continua espansione, capace di portare in superficie in modo rabbioso la frustrazione per l’impotenza, che si trasforma in aggressione verso il femminile, poi in un autolesionismo spinto dove il godimento si fa tutt’uno col dolore fisico più acuto. Si prosegue dunque con l’inversione dei ruoli all’interno dell’amplesso, all’interno dei rapporti di potere caratteristici delle cerchie sociali e infine all’interno della famiglia, in cui il conflitto padre-figlio, inizialmente attenuato da dedizione e spirito di sacrifico, finisce con l’assumere connotati ancora più atroci che nel mito di ellenica memoria.

Come suggerisce lo stesso titolo del film, l’idea di Kim Ki-Duk era di mostrare il legame indissolubile esistente non solo tra il corpo umano e quello sociale, ma anche tra le diverse componenti di un ossimoro. Il piacere si mostra fatidicamente connesso al dolore, la nascita porta con sé oscuri strascichi di morte, così come i rapporti tra genitori e figli  non riescono a scrollarsi di dosso  l’ingombrante presenza di quel sesso che pure è l’inevitabile propulsore di un nucleo familiare. Tutto unito in un inquietante nastro di Moebius dove l’unico elemento di pace e di rottura sembra la rinuncia, soprattutto maschile, alla propria virilità e al desiderio di sopraffazione che porta con sé.

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Il film in particolare si chiude con un riferimento al buddismo, che sembra sposare una soluzione ascetica allo scatenarsi della follia indotta dalle perversioni sessuali. Al di là del punto di approdo, più o meno condivisibile, Moebius è destinato indubbiamente a suscitare qualche scalpore, distinguendosi per il carattere esplicito e brutale della messinscena. Ma attenzione, qui non si parla di splatter o fiumi di sangue, né di una violenza  “tradizionale”, nel senso cinematografico del termine: si tratta piuttosto di un dolore insieme fisico e mentale, che non è una novità nella filmografia di Kim Ki-Duk, ma che in questo caso percorre l’intero arco dell’opera, lasciando allo spettatore pochissimi momenti di distensione. Il tutto ovviamente accentuato dalla scelta di parlare e, in qualche caso mostrare, gli organi sessuali maschili, costruendo un discorso forse mai così ardito sulle fisime esistenti intorno a questo grande tabù del cinema e della cultura.

Nel complesso non si può dire che non si tratti di un lavoro “aggressivo” nei confronti dello spettatore, a tratti perfino grottesco nella propria esasperazione. L’esperienza, tuttavia, è così insolita e il discorso del regista così complesso  da meritare almeno una visione. Lo dimostra il fatto che, nonostante il film non presenti nessun dialogo e i personaggi si scambino solo sguardi e gesti, Moebius non conosca nemmeno un momento di noia o di difficile comprensione. È una maratona nel patimento che probabilmente non troverà tutti allenati, ma che vale la pena di essere vissuta per non perdersi l’ultimo delirante tassello della produzione di un regista davvero borderline.

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Passato fuori concorso a Venezia Moebius esce oggi, giovedì 5 settembre, nelle sale italiane, distribuito da Movies InspiredQUI trovate il nostro incontro col regista. Continuate a seguirci per tutti gli aggiornamenti dal Festival.

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