Per qualche indecifrabile motivo, negli ultimi anni sembra essersi affermata nel cinema la tendenza a riscoprire le biografie dei maggiori esponenti letterari della Beat Generation, ma abbinandole rigorosamente al nome di qualche idolo dei teenager. Pensiamo al James Franco di Urlo – Howl, dedicato alla figura del poeta Allen Ginsberg, ma soprattutto al più recente e fallimentare On the Road, superficialissimo adattamento del capolavoro di Jack Kerouac, noto anche per la dimenticabile performance di Kristen “Twilight” Stewart. Ora è il turno di Giovani Ribelli, dedicato agli anni giovanili di una manciata di scrittori i cui nomi sarebbero poi rimasti impressi nella storia della cultura, cioè precisamente Ginsberg, Kerouac e William Burroughs. E ancora una volta, a portare all’operazione una discreta notorietà è stato il protagonista di uno dei maggiori franchise dell’ultimo decennio, cioè Daniel Radcliffe aka Harry Potter. Come nel caso di On the Road, tuttavia, la qualità delle interpretazioni è l’ultimo dei problemi di un titolo didascalico, che riesce solo in parte a cogliere la portata epocale delle idee nate e coltivate nelle menti dei suoi protagonisti, fautori di una rivoluzione culturale di cui oggi non si può non sentire la nostalgia.
Giovani Ribelli, esordio dietro la macchina da presa del regista John Krokidas, parte dall’arrivo di Allen Ginsberg alla Columbia University, ne racconta l’incontro con gli altri personaggi che giocheranno un ruolo fondamentale nella Beat Generation, il rifiuto delle regole censorie e retrograde del mondo accademico, il fermento intellettuale, la ricerca della chiave per scardinare tutti i vecchi schemi della letteratura e del pensiero. Fin qui nulla di male, se non fosse che tutto questo lavoro di ricerca viene ridotto e rappresentato solo attraverso le bravate alcoliche e narcotiche di un gruppo di tardo-adolescenti in pieno deliriouniversitario. Ma non basta il fastidio di veder riassunto un intero movimento culturale nelle urla scomposte di studenti alticci: il tutto passa quasi immediatamente in secondo piano rispetto alla traccia romantica, e in particolare all’infatuazione di Ginsberg per il compagno di scorribande Lucien Carr.
Da notare poi come la struttura del racconto sia improntata a un noioso classicismo, che tenta però a tratti di condirsi di modernità con qualche trucchetto di bassa lega, fuori contesto e per giunta abusato, come la musica rock inserita all’improvviso nella colonna sonora jazz per sottolineare il dolore dei personaggi, o il montaggio forsennato per descrivere l’effetto delle droghe. Decisamente un modo inadeguato per descrivere l’irruenza intellettuale e stilistica che caratterizzò il movimento a cui si vuole rendere omaggio. L’idea, in teoria, doveva essere quella di mostrare il contesto che portò dei semplici studenti universitari a diventare dei geni assoluti; in pratica, quello a cui si assiste è un tentativo inspiegabile di ingabbiarli nell’immaginario da sitcom che oggi viene abbinato all’adolescenza e alla vita da campus, condito solo di qualche citazione letteraria in più e da ovvie sviolinate sulla libertà che è generoso definire retoriche.
Sostanzialmente poco incisiva l’interpretazione di Radcliffe, assolutamente non in grado di conferire carisma al suo personaggio, mettendone invece in luce le presunte fragilità e insicurezze. Difficile stabilire quanto ciò si debba all’attore e quanto invece alle scelte di regia.
Presentato nell’ambito delle Giornate degli Autori, sezione parallela della 70. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Giovani Ribelli uscirà in Italia il 17 ottobre distribuito da Notorious Pictures. QUI trovate il nostro resoconto della conferenza stampa con il regista e Radcliffe. Continuate a seguirci per tutti gli aggiornamenti dal Festival.