Milano Manga Festival – Intervista a Yoshiyuki Sadamoto il character designer di Neon Genesis Evangelion

Milano Manga Festival – Intervista a Yoshiyuki Sadamoto il character designer di Neon Genesis Evangelion

Di Marlen Vazzoler

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L’ospite più atteso del Milano Manga Festival è stato senza dubbio il character designer Yoshiyuki Sadamoto, uno dei membri fondatori dello Studio Gainax (Le ali di Honneamise, Il segreto della pietra Azzurra, Neon Geneses Evangelion). Sadamoto ha cominciato molto presto la sua carriera sia come mangaka che come animatore, ma col passare degli anni il suo lavoro come animatore è passato in secondo piano, ed è stato soppiantato da un maggior numero di incarichi come character designer sia nel campo dell’animazione che in quello dei videogames (.hack, .hack//G.U.).
Per quanto riguarda i suoi impegni come mangaka, la sua carriera è per lo più costellata dalla produzione di storie brevi, che mettono ancora più in risalto il suo lavoro più prominente, ovvero il manga Neon Geneses Evangelion che si è concluso questo giugno, in Giappone, dopo 18 anni di pubblicazione. A differenza del finale della serie animata, del film The End of Evangelion e della tetralogia cinematografica dei film di Evangelion, che raccontano una nuova versione della serie, nel suo manga Sadamoto narra la sua conclusione delle vicende di Shinji Ikari.
Abbiamo avuto la possibilità di intervistare indirettamente il sensei, e di porgerli solo alcune delle tantissime domande che ci hanno assillato in questi anni. Purtroppo non è stato possibile fotografare né il sensei, né la mostra che è stata realizzata in suo onore. Per questo vi rimando alla gallery della mostra dedicata ai film di Rebuild of Evangelion, ‘Evangelion Anime Works’ organizzata negli stessi giorni della visita di Sadamoto a Milano, al Japan Expo a Parigi.

Il suo interessi nella carriera di disegnatore risale a quando era ancora uno studente delle elementari, quali autori e quali opere hanno influenzato la sua formazione come disegnatore nel campo del fumetto e dell’animazione?

In realtà non posso dirli tutti perché ce ne saranno almeno un centinaio di opere e di maestri che mi hanno influenzato ma se proprio devo scegliere Nagai Go e Matsumoto Rei. Ma anche Umeo Kazuho e Hotomo Katsuiro, sono un grande studioso e amante dei grandi manga giapponesi. Per gli shojo manga Kuramochi Kusaku, in realtà essendo un grande studioso ci sono tantissime opere, tantissimi maestri che mi hanno influenzato non soltanto nel mio genere.

Gli anni ’80 segnano l’inizio della sua carriera sia come mangaka, aveva 19 anni quando ha vinto il concorso come disegnatore indetto da ‘Weekly Shounen Champion’, sia come animatore, sempre in quel periodo ha realizzato la opening di DAICON IV. Cosa l’ha spinta ad intraprendere entrambe le carriere?

Ho iniziato a disegnare come tutti da bambino, poi quando sono andato all’università, un mio compagno mi ha chiesto: ‘Ma perché non lavoriamo insieme? E vieni a fare l’animatore?’. Così sono andato a fare ‘l’arbaito’ in un grosso studio, per la produzione dell’anime di Macross. Ed è in quel periodo che ho conosciuto Hideaki Anno. Sono nati così, una serie di eventi positivi che mi hanno portato alla realizzazione di Daicon IV.

La sua carriera come mangaka è stata molto più discontinua rispetto a quella di animatore. A parte alcune storie brevi, il manga di Evangelion è la sua unica opera principale, che ha richiesto una pubblicazione di 18 anni. Ha già in mente qualche nuovo progetto per il futuro? Ed ora come ora, preferirebbe occuparsi di storie brevi o una serie lunga?

Sto già lavorando ad altri progetti, sono interessato alla realizzazione di altre storie lunghe, ma non certo della durata di Evangelion. Sto pensando a delle cose che potrebbero durare qualche anno. Due o tre anni ma non certo diciotto anni.

Nelle storie brevi ‘Ruth 20’, ‘Dirty Worth’ e ‘Sister of Romance’ c’è sempre una relazione malsana fra il protagonista maschile e quella femminile e nessuna delle tre coppie riesce ad aspirare ad un happy ending. Ogni storia si conclude con il protagonista che parte per un viaggio con una meta stabilita da un fato avverso. Questa visione l’ha applicata anche alle altre sue storie brevi? E perché nel futuro di queste persone non c’è speranza?

Non è che non c’è speranza, perché il punto fondamentale non è che sto insieme con una persona e poi ci vivo felicemente. Non è questo il punto. Non voglio fare cose così ovvie. Ad esempio se tu frequenti una persona e la ami e questa persona se ne va per un qualche motivo non è che finisce l’amore, al contrario può capitare che invece capisci quanto ami l’altra persona e dentro il tuo cuore cresce questo amore per cui non è così senza speranza, c’è un motivo. Non mi interessano le cose così ovvie. Oppure quando il padre muore, è normale, è una cosa triste però ti rimane dentro, è una parte che comunque rimane dentro di te, ci sono tante cose che dobbiamo valutare anche nella visione delle storie. Ma ci sono delle opere anche dove esistono degli happy ending molto lisci, insomma molto semplici, tra le cose che ho scritto, per cui non è così. In ‘Archaic Smile’ (una storia su una coppia di sposi, ndr.) c’è l’happy end, sono delle commedie ad esempio, ancora non ho scritto la fine, non so come vanno a finire però sono delle commedie per cui non è tutto così dark.

Nel manga di Evangelion nell’ultimo capitolo vediamo una speranza per un futuro in cui Shinji riesce finalmente a mettere da parte quella solitudine e quella paura che lo ha contraddistinto tutta la sua vita e le sue scelte. Come è arrivato a scrivere questo finale?

Si, mi rifaccio ad alcune esperienze mie personali, provengo da un paese di campagna e mi sono trasferito a Tokyo. Quando mi sono trasferito a Tokyo nevicava ed era tutto così bianco e questo bianco significava che mi ero allontanato dalla mia casa, che i miei amici non erano più intorno a me, però è l’inizio di un nuovo futuro pieno di speranza e questa è un po’ l’immagine. Adesso è uscito in Giappone, ci vorrà ancora un po’ per l’uscita nella versione italiana, ma leggetela e capirete.

La pubblicazione del manga di Evangelion ha anticipato di un anno la messa in onda dell’anime. Avevate già pianificato quale sarebbe stata la storia che avrebbe raccontato la serie e fino a quale punto?

[Il traduttore ha ammesso di aver avuto dei problemi con questa domanda.] In realtà non abbiamo pensato quando abbiamo iniziato, come si sarebbe sviluppato il tutto, diciamo le cose si sono un po’ espanse da sole. L’anime è finito e io invece ho continuato a fare il manga. Non c’é stata una pianificazione all’inizio.

Lavorando al progetto di Macross ha incontrato Hideaki Anno e Hiroyuki Yamaga con cui successivamente ha formato lo studio Gainax. Cosa ci può raccontare di quel fatidico incontro.

[Come potete notare, Sadamoto ha parlato degli inizi della Gainax e non del suo incontro con Anno e Yamaga, ndr.] In verità, non è che [la Gainax] fosse un grosso progetto, detto tra di noi… Il nostro è un piccolo sogno, non eravamo all’epoca così famosi, non immaginavamo che la Gainax sarebbe diventata la Gainax, cioè i nostri prodotti erano prodotti per un pubblico ristretto di fan, per dei maniac. Avevamo un piccolo budget a disposizione, non è che avessimo grandi cose. Dovevamo stare attenti a tutto, non avevamo un budget, per cui all’inizio facevamo proprio quelle cose che erano super necessarie oppure i personaggi non li facevamo muovere. Il nostro challenge, la nostra sfida, era quella di fare delle cose belle, interessanti, anche se non avevamo a disposizione tantissimi mezzi.

Sabato pomeriggio, durante la sessione degli autografi sono state fatte dal sensei delle domande da parte dei fan, che vi riportiamo qui di seguito.

In base alla serie e ai registi coi quali lavora, come cambia il suo modo di creare il character design?

Per ogni serie e regista c’è una tecnica d’approccio sempre molto diversa. Nel caso di Evangelion, Anno mi ha dato indicazioni basilari per alcuni personaggi, come ‘è un tipo semplice’, ‘è di questo gruppo sanguigno’, ‘gli piace questa musica e ha queste passioni’. Per FLCL, invece, da Tsurumaki ho ricevuto indicazioni molto più precise e dettagliate, mi diceva quello che voleva e io lo disegnavo.

Tra tutte le serie a cui ha lavorato, qual è il personaggio che preferisce?

Per me è molto difficile rispondere, perché da una parte c’è il disegno che mi piace di più fare, dall’altro il personaggio vero e proprio. Dal punto di vista tecnico, il disegno che amo fare è quello dei personaggi più anziani, persone che trasmettono ‘saggezza’ che io devo elaborare in senso grafico. Dal punto di vista caratteriale ci sono dei personaggi che mi piacciono più di altri, Misato per esempio è il mio preferito. Per quanto riguarda le altre serie, invece, mi sono divertito molto a disegnare FLCL, perché ho potuto metterci molte delle mie passioni. Io sono un character designer, principalmente, in Evangelion ci sono altri artisti ad occuparsi dei mecha, invece nel caso di FLCL ho fatto tutto io.

Nel creare Rei Ayanami, sia dal punto di vista caratteriale che da quello fisico, si è ispirato a qualcuno realmente esistente, come modelle o attrici?

È una domanda che mi fanno spesso, quella dell’ispirazione, ma come dicevamo prima non esiste una sola risposta… per esempio, nel caso di Rei, il regista mi aveva dato come indicazione ‘un personaggio cool con i capelli corti’ e da lì io ho dovuto capire che cosa creare. L’ispirazione principale mi è arrivata sentendo una canzone, e la voce che la cantava. Da quella voce, ho immaginato il personaggio. Ho portato la canzone al regista e gli ho detto ‘io la vedo così, Rei, una ragazza che ha questa voce’.

Tolta la locandina, le illustrazioni fin’ora uscite di Q sono di Takeshi Honda. Lei ha lo stesso contribuito nel definire il nuovo design dei personaggi?

Come sempre è stata una collaborazione su più livelli, ma il design originale del film, compresi gli outfit, è comunque il mio.

Le unità Eva si distaccano dai soliti canoni del genere mecha, a che cosa si è ispirato per crearle?

Anche questo è un lavoro di gruppo, ma in questo caso il regista aveva già delle idee molto chiare a riguardo, perché è un fan di anime e manga di questo genere e di un certo tipo di fantascienza.  Io non ho dovuto fare molto.

Anche lei è un fan di altri mangaka o autori?

Sì, lo ammetto. Quando ho incontrato Go Nagai sono stato davvero molto felice, e lo stesso quando ho conosciuto il maestro Yoshiyuki Tomino. Credo di essere stato molto ispirato dalle loro opere, nel corso degli anni, come Devilman e Ideon, o dal telefilm americano Thunderbirds.

Che rapporto ha col suo lavoro di character design e mangaka, e che tipo di approccio ha alle due cose?

Amo e voglio fare entrambe le cose, non ce n’è una che preferisco. C’è da dire che il lavoro su un prodotto di animazione è diverso, perché scaturisce da un ‘concerto di idee’, ogni decisione è presa a livello collettivo, si decide tutto insieme, da un colore di capelli agli elementi della trama, e ci sono meeting infiniti. Il manga invece è un lavoro molto più individuale, ho più autonomia, ma anche tutta la responsabilità.

Quali differenze ci sono tra il manga e l’anime di Evangelion?

Tra il manga e l’anime c’è un abisso. Nell’anime vengono dati più ‘input’, come il colore, la scansione del tempo e la musica, tutti mezzi coi quali possiamo giocare e che non esistono invece nel manga. Inoltre l’anime va avanti da solo, che tu abbia capito o no mantiene la propria velocità. Nel manga se il lettore non capisce si ferma, torna indietro…questo fatto di dover essere sufficientemente chiari e di dover far proseguire il lettore è una grande differenza e responsabilità.

Com’è lavorare con Hideaki Anno?

È come lavorare con un fratello, per me. Noi abbiamo cominciato insieme, abbiamo fatto tantissima strada insieme, condividiamo non solo il lavoro, ma anche la vita privata. In questo momento lui è in vacanza in Francia, con la famiglia. Che dire, come tutti ha molti pregi e difetti che magari mi fanno arrabbiare, però è una persona a cui voglio bene.

Che tipo di relazione c’è tra Kaworu e Shinji?

[Il pubblico scoppia a ridere]. Per quanto riguarda l’anime, Shinji è un personaggio umano, e questa è la sua caratteristica principale, anche nelle relazioni. Le due versioni sono molto diverse, nel manga il rapporto tra Shinji e Kaworu cambia. Nel manga la loro relazione è in qualche modo un riflesso di quella tra Shinji e Rei. Shinji vede in Kaworu qualcosa di Rei, e Kaworu sente quello che Rei prova per Shinji e che lei stessa non può e non riesce a esternare. Shinji questo non lo capisce, ecco perché lo rifiuta. È stato un mio esperimento, diciamo. Nell’anime una delle cose più affascinanti di Kaworu è la voce,  che è straordinaria, e ha reso questo personaggio così famoso e amato. Nel manga questo non c’era, e io ho cercato un modo per rendere questo personaggio altrettanto affascinante, quindi ho provato a cambiare alcune cose. Comunque io non ho mai capito come mai Kaworu piaccia tanto…

Da cosa dipende la differenza nella caratterizzazione di alcuni personaggi del manga, specie di quelli che nell’anime non hanno molto spazio, come Kaji o Kaworu?

Nell’anime lavoro insieme ad Anno, e quindi niente è una scelta del tutto mia, nel manga invece ho più libertà di approfondire quello che voglio. La più grande differenza per esempio è che nel manga Shinji viene presentato come un ragazzaccio, cosa che non è così esplicita nell’anime.  Nel manga Shinji non ha voglia di fare nulla, non è uno che vuole mettercela tutta, mentre nell’anime è un po’ più positivo, dice ‘Non devo fuggire!’. Nel manga non si pone lo stesso problema, dice ‘Io scappo!’ [ride]. Nel caratterizzare il personaggio volevo che fosse il più vicino possibile alle problematiche e agli atteggiamenti tipici di quell’età. Gli adolescenti hanno un po’ questo modo di fare, e io volevo esplorare questo aspetto.

C’è un personaggio che la rispecchia, tra tutti quelli che lei ha disegnato?

[Ride]. È difficile rispondere, ma parlando di Evangelion forse è Kensuke il personaggio che sento più vicino, perché ci piacciono le ragazze e le cose militari. Siccome sono un padre di famiglia, mi sento anche come Gendo, capisco i suoi sentimenti, come il timore di non riuscire ad avvicinarsi al figlio. Di certo, non sono come Shinji.

Quando ha iniziato a disegnare i suoi personaggi immaginava che potessero essere esportati e piacere così tanto anche all’estero, in paesi con culture molto diverse?

Da bambino ero innamorato del design delle macchine italiane, le disegnavo sempre. Non pensavo di diventare un mangaka, credevo che sarei diventato un designer di automobili e di moto. Solo dopo, ho cominciato a realizzare manga, e così che è iniziata la mia carriera. Sono molto grato ai maestri che mi hanno preceduto, in questa mostra sono esposti dei lavori eccezionali e io mi sento poca cosa, rispetto a tanti geni, vorrei che le loro opere venissero riconosciute in tutto il mondo. Vedere che anche Evangelion ha un posto tra di loro mi rende felice.
All’inizio non ero molto dotato, come mangaka, tanto che con Evangelion mi sono detto ‘Se non va bene neanche questo, torno a casa e mi dedico all’azienda di famiglia’. I miei hanno una ditta di ceramiche e porcellane, mi andava bene fare anche quello. Il successo del manga però è stato un po’ come una rivincita, anche se avevamo già avuto successo con Nadia (la protagonista di Il mistero della pietra azzurra, ndr.), del quale però non era uscito il manga.

Ha avuto delle restrizioni nello scrivere il manga?

No, ho lavorato in totale autonomia. Non ricordo di essermi mai consultato con nessuno, su nessun aspetto.

Da dove deriva la sua passione per le auto, in particolare le Alfa Romeo?

Io non sono un’eccezione, anche mio padre e mio fratello maggiore adorano le automobili. Quando eravamo bambini, mio fratello ed io ci sedevamo ai bordi delle strade di campagna per guardare le macchine passare, e facevamo a gara a chi ne indovinava la marca. Ci divertivamo così.

Quali sono le macchine dei suoi sogni?

[Dopo averci pensato a lungo, ride]. Credo la DeLorean di Ritorno al futuro. Coi primi soldi che ho messo da parte con questo lavoro, mi sono comprato una Fiat Panda, ma appena l’ho ritirata dalla concessionaria, tornano a casa, si è guastata.  Ciononostante, la Panda sarà sempre nel mio cuore [ride]. Da bambino mi piaceva moltissimo una serie sulle supercar, Circuit no Ookami, dove il protagonista correva su una Lotus Europa. Alle elementari la sognavo sempre, e alla fine l’ho comprata. In realtà è una macchina quasi da collezionisti, che si rompe spesso, quindi non è che possa farci molto, più che altro spendo per aggiustarla [ride].

Nei suoi lavori si vedono spesso riferimenti all’Italia, da cosa deriva questo amore?

Da piccolo mi piacevano molto i film italiani o ambientati in Italia, per esempio Lupin III: il Castello di Cagliostro di Miyazaki, o The Italian job. Vedere quelle mini cooper sfrecciare per le strade mi faceva impazzire,  pensavo ‘voglio andare in Italia!’.

Chi ha deciso di rappresentare Rei come albina?

Inizialmente Rei era bruna con gli occhi scuri, ma a video avevamo bisogno di identificarla immediatamente, per non confonderla con Asuka. Da questo dipende la scelta dei colori.

Com’è stato lavorare al design degli Angeli?

Non sono stato particolarmente ispirato da qualcosa, ho ricevuto delle linee guida. Però a me piace fare disegni complessi, quindi disegnare questi esseri strani mi diverte molto.

Cosa può dirci degli ultimi due episodi di Evangelion?

Io niente, perché sono totalmente un lavoro di Anno, che stava passando un gran brutto periodo. Quando lo incontravo mi diceva sempre ‘non ne posso più, voglio farla finita’.

Qual è stata la sua reazione nel momento in cui Anno le ha detto che pensava di riprendere Evangelion con dei nuovi film? Lei stava ancora lavorando al manga, non si è sentito un po’ perseguitato?

In effetti mi è toccato lavorare il doppio e non ho sempre potuto rispettare le uscite mensili del manga. Venivo spinto dal regista, ‘finiscilo questo manga!’, ma voleva anche che lo aiutassi [ride] gli dicevo ‘è colpa tua se non riesco a finirlo, perché vuoi che lavori anche al film, ma io ho solo due mani!’…Va bene, in realtà non gliel’ho mai detto, anche se avrei voluto.

Non c’è stato un momento, dopo tutti questi anni, in cui ha pensato che non ne poteva più di disegnare i personaggi di Evangelion?

Proprio per non arrivare a questo punto, mi sono preso delle pause e mi sono dedicato ad altri lavori, per non finire l’ispirazione, la pazienza e la passione. Abbiamo lavorato in modo che questo non accadesse.

Com’è stato per lei disegnare il personaggio di Mari integrandolo all’estetica di Evangelion?

Da una parte volevamo creare un personaggio diverso, che potesse attrarre un nuovo tipo di pubblico e che segnasse come un punto di rottura nella storia. C’erano sia esigenze ‘di mercato’ che di trama, e io ho dovuto tenerle presente. Nei film c’è un grande mistero intorno alla sua presenza, per questo la trovate solo lì. Non ho potuto usarla nel manga, anche se mi sarebbe piaciuto. Ne combinerà parecchie, insieme ad Asuka, quindi aspettate il nuovo film, perché vi aspettano sorprese e tanti personaggi interessanti.

Ci può dire qualcosa di Nadia?

Nadia è stato un lavoro molto importante, per me, perché è stato il primo che ho realizzato per l’NHK e che mi ha permesso di arrivare al grande pubblico. È stata una sfida, per me, una cosa nuova, e quindi gli sono molto legato.

Invece può dirci  qualcosa sul personaggio del Capitano Nemo? Cosa l’ha ispirato nel crearlo?

Prima di tutto ci siamo ispirati ai romanzi di Jules Verne, in particolare a 20.000 leghe sotto i mari, quindi partendo dall’idea di un uomo indiano. Per realizzare Nadia, però, mi sono molto ispirato anche ai costumi dell’antico Egitto, per dare un tocco d’Africa alla Le mille e una notte. Un’altra ispirazione, per il suo carattere, direi che è stato il Comandante Ukita di Corazzata Spaziale Yamato.

In Wolf Children c’è un ritorno alla natura, il messaggio sembra che sia ‘in campagna si vive bene e si è felici’. Secondo lei è davvero così?

Non ho mai pensato che questo fosse il concetto centrale in Wolf Children. Chi vive bene in città deve starci, e lo stesso vale per chi vive bene in campagna.  Io sono nato in un piccolo paese di montagna, poi mi sono trasferito a Tokyo e adesso sono ritornato in campagna, ma sono stato bene in tutti e tre i luoghi.

I manga di oggi sono tutti molto simili tra loro. Cosa servirebbe per cambiare questo mondo, come fece Evangelion?

In realtà, io non credo che Evangelion abbia cambiato davvero qualcosa. Bisogna dire che ogni anno escono in Giappone moltissime opere meravigliose che forse a voi non arrivano. A proposito di novità, Anno ha visto Madoka Magica e gli è piaciuto, ha detto che è bello e interessante.

Quale messaggio ha voluto trasmettere, con Evangelion?

L’importanza di mettersi d’impegno per realizzare i propri obbiettivi.

Per le domande dei fan, abbiamo consultato dummy-system, a causa dei problemi incontrati durante la traduzione delle domande e delle risposte.

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