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Pacific Rim – La doppia recensione: Emisfero Destro

Pubblicato il 09 luglio 2013 di laura.c

È difficile racchiudere in un unico commento tutto quello che si vorrebbe dire sul Pacific Rim,  il nuovo imponente kolossal di Guillermo del Toro, in uscita tra due giorni nei nostri cinema.

ScreenWEEK ha quindi deciso di trasformare la recensione del film in un vero e proprio Jaeger, e come i megarobot della pellicola servono due piloti per occuparsi dei due diversi emisferi cerebrali: quello sinistro, deputato al pensiero logico e razionale che focalizzerà sulle qualità tecniche, e quello destro, emotivo e olistico per una visione d’insieme. Ecco la seconda parte della nostra doppia recensione (ovviamente SENZA SPOILER).

EMISFERO DESTRO: emotività, creatività, visione d’insieme

Pacific Rim foto dal film 4

Per gli amanti dell’animazione giapponese, un progetto come Pacific Rim poteva sembrare tanto entusiasmante quanto ricco di insidie. L’idea di robot interconnessi a piloti umani per combattere un’invasione aliena risultava infatti fin troppo familiare, così come quella di enormi mostri alla Godzilla che si aggirano per le metropoli, preferibilmente orientali, frantumando grattacieli tra folle urlanti. Suggestioni che per altro appartengono a generi e mezzi anche molto diversi, agli anime quanto a un ricco immaginario cinematografico di serie B, il tutto inserito poi in uno scenario apocalittico a metà tra gusto occidentale e nipponico.

Dopo la visione, bisogna ammettere prima di tutto che questo iniziale dubbio è confermato: l’opera di Guillermo del Toro si nutre di rimandi molteplici, non sempre coerenti e coesi, e soprattutto corretti con un “sentire” epico e volto alla celebrazione dell’eroismo che appone sul film un marchio inconfondibilmente americano e smorza la pur forte ispirazione di chiara matrice giapponese. Non si tratta però di un difetto fatale. Sembra infatti che, consapevole delle tante anime di questo suo gioccatolone tecnicamente elaboratissimo, del Toro si sia premurato di concedere un po’ di spazio a ciascuna di esse, in modo da pervenire a un mix forse non eccelso ma comunque funzionante e soprattutto interessante anche per i fan più sfegatati di ciascun genere.

Avendo probabilmente assorbito gran parte del budget, oltre che della trama, i mostri alieni rappresentano di sicuro uno degli aspetti preponderanti dell’opera: si chiamano non a caso Kaiju, in omaggio alla lunga tradizione dei mostri della cinematografia giapponese, ed è evidente la cura così come la passione quasi esasperata profusa nella loro creazione. Uno dei personaggi più divertenti del film, non a caso, è rappresentato da uno studioso un po’ strambo di tali creature, che nell’aspetto ricorda molto più un nerd super-fissato che non un vero uomo di scienza. Dall’altra parte ci sono poi i mecha, i robot giganti chiamati Jeager, che ovviamente ricordano 50 anni di anime, ma più nell’aspetto visivo che in quello narrativo. Per spiegarci meglio: nonostante anche in questo caso si parli di interconnessioni organiche tra la corazza meccanica e i piloti (in Pacific Rim, è ormai noto, sono due per ogni Jeager), il legame non viene mai esplorato in profondità. Non c’è una riflessione sulla simbiosi tra l’uomo e la macchina, che rimane fondamentalmente una semplice arma da guerra, per quanto molto più accessoriata, creativa e divertente da vedere che un banale carrarmato, sommergibile o cacciatorpediniere. L’accento viene dunque spostato sul legame neuronale che collega i piloti, e  che passa per i ricordi, compresi traumi difficilmente superabili. Un’idea affascinante che consente a del Toro di inserire qua e là anche un po’ di onirismo e visionarietà dal gusto appunto nipponico, senza però che questa riesca mai a prendere davvero il sopravvento sulla retorica dominate del film, saldamente ancorata a una sensibilità made in USA. Un esempio illuminante è una scena che descrive il clima apocalittico nella Hong Kong assediata dai mostri: una brevissima sequenza che richiama in modo piuttosto palese l’atmosfera cyberpunk di Akira, ma che si risolve in un breve omaggio destinato a sfociare in uno di quei siparietti comici immancabili in un film americano di questo tipo.

Pacific Rim Max Martini Robert Kazinsky foto dal film 3

Riassumendo, insomma, si sente fortemente come Pacific Rim sia il frutto di una passione genuina, capace di citare e mescolare gli elementi provenienti da tanti universi diversi, come cinema, anime, fumetto, fantascienza classica ma anche recente, tipo MIB. Ecco perché nonostante il film segua uno sviluppo non sorprendente e tenda a toni fin troppo enfatici in più e più passaggi, resta comunque un esperimento piacevole da vedere, divertito e divertente, ovviamente sostenuto da un’elevatissima fattura tecnica. Manca solo il balzo, quel di più che avrebbe potuto renderlo un’opera epocale, cioè la capacità non solo di rendere omaggio ma di reinventare e attualizzare, al di là dei soli effetti speciali, tutti i generi e i pezzetti di cultura popolare tirati in ballo in modo così gustosamente ludico dall’estro, purtroppo non radicalmente visionario, di Guillermo del Toro.

EMISFERO SINISTRO: qualità tecniche, razionalità, il 3D >> QUI  la recensione

Pacific Rim farà il suo ingresso nelle sale italiane l’11 luglio 2013. Nel cast ci sono Charlie HunnamCharlie DayMax MartiniRon PerlmanRinko Kikuchi e Idris Elba. Per maggiori informazioni potete consultare le nostre News dal Blog. Vi ricordiamo inoltre che qui trovate lapagina facebook italiana del film.