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Monday Mornings, il commento alla nuova serie di David E. Kelley

Pubblicato il 30 luglio 2013 di emanuele.r

Il nome di David E. Kelley, oltre che per essere il marito di Michelle Pfeiffer, è famoso per la creazione di alcune delle serie legali più belle e di successo degli ultimi 20 anni: The Practice, Ally McBeal, Boston Legal. Dopo la chiusura immeritata di Harry’s Law con Kathy Bates, Kelley approda alla rete via cava TNT con un nuovo drama medico dal titolo Monday Mornings. Un ottimo prodotto che purtroppo le leggi del mercato hanno cancellato dopo la 1^ stagione.
La serie segue le vicende professionali e personali di cinque chirurghi del Chelsea General Hospital di Portland. Ogni lunedì mattina, nell’ospedale in cui lavorano, vengono indette delle conferenze su varie patologie e sulla loro mortalità, in cui i dottori affrontano temi spinosi come le complicazioni e gli errori nella cura dei pazienti: queste conferenze sono ritenute tra i più grandi segreti nella medicina.

Creati e scritti da Kelley sulla basa del romanzo omonimo di Sanjay Gupta, i 10 episodi di Monday Mornings (il cui pilot è diretto da Bill D’Elia, sodale del creatore), sono un modo per depurare il genere medico dalle inflessioni crime e thriller degli ultimi tempi e soprattutto dalle zavorre sentimentali che il genere non riesce ad eliminare dopo Grey’s Anatomy.
Kelley infatti cerca di far tornare la serie tv a sfondo ospedaliero alla miglior forma narrativa possibile, quella in cui le malattie e le stesse procedure mediche non sono un pretesto per sfoggio di buoni sentimenti, ma diventano il cardine di una narrazione tesa, che in ogni episodio mette in discussione da vari di punti di vista l’operato dei dottori: per farlo, Kelley attinge alla sua esperienza nel genere legale, nelle battaglie tra avvocati, cosicché il momento clou dell’episodio, quello del “processo” del lunedì mattina al medico che ha sbagliato, è il cuore pulsante di una serie che si pone così un gradino al di sopra degli omologhi.

Tono serio e accurato, senza eccessi sentimentali e sensazionalistici, senza scorciatoie narrative o semplificazioni, in cui è la medicina e la chirurgia a fare da volano alla suspense anche al di là di un montaggio un po’ eccessivo. Peccato che il pubblico non se ne sia accorto e così la serie è stata cancellata: nonostante un grande Alfred Molina come primario, nonostante storie di esemplare tensione, nonostante l’utilizzo di canzoni come quelle di Eddie Vedder o Rolling Stones (anche il dottor House amava la band di Jagger). Peccato, appunto.

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