The Americans, il commento alla serie con Keri Russell

The Americans, il commento alla serie con Keri Russell

Di emanuele.r

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La nostra guerra non è più tanto fredda”, dice uno dei protagonisti di The Americans ed è il centro della questione: la serie FX (inedita in Italia) creata da Joe Weisberg e interpretata da Keri Russell e Matthew Rhys racconta infatti gli ultimi anni dello scontro tra USA e URSS attraverso l’appassionante vicenda di una coppia di spie russe.

Washington, inizio anni ottanta. Phillip ed Elizabeth Jennings sono due agenti segreti del KGB, membri del direttorato «S», che riunisce le spie sovietiche che vivono sotto copertura, illegalmente, in paesi esteri. Nati, cresciuti e addestrati nell’Unione Sovietica, quindici anni prima, quando ancora non si conoscevano, furono mandati sotto copertura negli Stati Uniti, con l’ordine di spacciarsi per una coppia sposata di americani. Nonostante il loro matrimonio, durante il quale hanno anche avuto due figli, sia solo una farsa, col passare del tempo iniziano a sviluppare sentimenti reali, che vengono però messi alla prova dagli sviluppi della guerra fredda e dai rapporti che devono mantenere con i rispettivi superiori, i quali pretendono interventi sempre più rischiosi pur di riuscire ad acquisire più informazioni possibile. A complicare ulteriormente la loro copertura e i loro rapporti ci si mette anche il fatto che i figli, ignari della vera identità dei genitori, stanno crescendo come due perfetti americani, vicini ai valori del capitalismo. Phillip, inoltre, dopo tanti anni vissuti negli Stati Uniti inizia a sentirsi più distante dai principi della missione accettata quindici anni prima, al contrario di Elizabeth ancora fortemente sostenitrice della causa.

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Weisberg, che scrive molti dei 13 episodi della prima stagione, tra cui il pilot diretto da Gavin O’Connor, realizza una spy story di grande impatto, in cui la suspense delle indagini, dei travestimenti, delle coperture che rischiano di saltare (il loro vicino di casa è un agente dell’FBI, forse all’oscuro forse no) si mescola con la profondità del racconto familiare.

Quello che infatti sorprende e colpisce di The Americans è il tono che miscela period e family drama: Weisberg e soci raccontano gli ani ’80 degli USA, all’insegna dell’edonismo, del liberismo sfrenato, del consumismo, ossia dell’opposto dell’ideologia sovietica: intelligentemente, la serie racconta il disfacimento di una famiglia – fittizia eppure ormai legata – alla luce dei cambiamenti storici, della comprensione o meno di stili di vita apparentemente lontani dai protagonisti. Il limite è quello di una propaganda, decisamente fuori tempo massimo, del modo di vita americano contro la chiusura comunista, la libertà contro il regime, come si faceva spesso nel cinema di Hollywood in quegli anni. Ma Weisberg sa evitare i pericoli grazie a un accurato lavoro di scrittura.

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Accurato nella tensione, nella descrizione e gestione dei personaggi e delle linee narrative, nella regia che non strafa e sa come piazzare colpi di scena e scatti d’azione e violenza, ironico nella decisione di disaminare una coppia attraverso un gioco di spie. The Americans è una delle novità più belle della stagione e tra le migliori serie USA in circolazione, abile unione di Le Carré e Bond, di realismo e spettacolo con un cast di ottimo livello su cui spicca una grandiosa Keri Russell, indimenticabile quando sfonda un muro con la testa di un prigioniero durante una colluttazione. Nel suo viso d’angelo dai capelli spettinati, il nucleo e il senso visivo della serie.

Commentate la recensione e restate con Screenweek.

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