Attenzione, contiene spoiler
Si è chiuso il 22 gennaio su ABC, il 29 aprile in Italia su FoxLife (e in chiaro andrà in onda su Rai 2 tra l’estate e l’autunno), Private Practice, il medical drama di Shonda Rhimes nato nel 2007 come spin-off di Grey’s Anatomy grazie al personaggio della dottoressa Addison. Una 6^ e ultima stagione dimezzata, soli 13 episodi, che se hanno segnato un declino negli ascolti dimostrano come negli anni la serie ha saputo smarcarsi dalle dinamiche della serie madre portandolo a una propria autonomia e dignità.
Aperta dalla morte (fuori campo, ché l’attore non aveva rinnovato il contratto) di Pete il giorno dell’udienza e chiusa dal matrimonio tra Jake e Addison, l’ultima annata della serie di Rhimes (che ha scritto il finale di serie) ruota intorno al chiudere un capitolo e aprirne un altro, alle nuove possibilità che la vita regala a ognuno di noi, ma anche alla difficoltà di affrontare la chiusura di altre.
Se Grey’s Anatomy sceglie, in accordo con i personaggi, una narrazione più frenetica, venata d’antipatica isteria a volte, Private Practice fa sua la calma, a volte apparente, di Addison e dipinge personaggi e situazioni con maggior aplomb e una drammaticità che non ricerca a tutti i costi il pathos. Così, i drammi, anche enormi dei personaggi acquistano il senso di uno show che punta a un pubblico più adulto e quindi anche più riflessivo.
E’ per questo che mentre Grey’s Anatomy affronta una lunga crisi creativa che solo qua e là cessa, Private Practice ha saputo costruirsi un proprio percorso autonomo. Peccato solo che questa mezza stagione conclusiva non ha dato la possibilità a Rhimes e soci di poter costruire storyline del tutto adeguate e quindi si sente la necessità di chiudere, di dare ai personaggi un senso definitivo e forse un po’ solenne. Certo, non è una serie che ci mancherà sopra ogni altra cosa, ma è un piccolo prodotto che ha saputo fare, soprattutto negli ultimi anni, il suo dovere.
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