Attenzione, contiene spoiler
Dopo le Nozze rosse riprendersi dallo shock e andare avanti poteva essere un bel problema. Ma come ci hanno insegnato i finali di stagione di Game of Thrones, serve sempre un episodio di decompressione dopo i fatti che di solito fanno esplodere i pre-finali. E anche in questo caso però trarre le conseguenze dei grandi eventi che hanno portato alla morte di Robb, Catelyn e Talisa Stark non significa un episodio fiacco, come quelli che hanno caratterizzato la stagione, ma un finale ricco di tensione e sottigliezze.
In questa ultima puntata il re Joffrey decide di sfidare Tywin mentre Bran, che sta ancora esplorando i suoi poteri, racconta una storia di fantasmi. In Dragonstone, si viene a conoscenza che la misericordia viene da ambienti strani mentre Daenarys è impaziente nell’attesa di vedere se lei sia diventata una conquistatrice o una liberatrice come aveva sempre pensato.
Scritto dagli showrunner Benioff e Weiss e diretto da David Nutter, Mhysa è un tipico finale della serie HBO fatto di grandi dialoghi, una forte struttura concettuale, notevole spazio ai personaggi, specie quelli apparentemente minori, e una tensione che monta senza sciogliersi, dando appuntamento all’anno prossimo.
E il cuore tematico dell’episodio si presta moltissimo ai picchi emotivi che ci si aspettano da un finale di stagione, ovvero lo scontro tra ragione di stato – in questo contesto di Casa – e ragioni del cuore: coi Lannister al centro del racconto come gli Stark lo erano stati la scorsa settimana, l’intreccio tra i sentimenti nascosti e gli intrighi politici diventano centrali. All’ordine del giorno c’è la morte di Robb e la voglia di gongolare di Joffrey, ma contro di lui oltre a Tyrion – che minaccia il re (“I re stanno morendo come mosche”) – c’è anche Tywin, che dà l’impressione di come la famiglia si stia allontanando dal re, come se ci fosse aria di cospirazione. E nemmeno Cersei può fare più di tanto: sa che il figlio è orribile, anche se è la sua ragione di vita, consolandosi col ritorno di Jaime. E di lato a loro si ritrovano Sansa, costretta a un matrimonio controvoglia, ma che potrebbe renderla incredibilmente potente, e Shae, a cui Varys chiede di partire, per evitare la salita al potere (sottintesa) di Tyrion.
Ma i dilemmi morali, politici e sentimentali colpiscono anche Stannis Baratheon, che si trova stretto tra Melisandre che vuole il sacrificio del nipote bastardo e Davos che libera il giovane chiedendo un’altra strada (troveranno un punto d’incontro); Bran Stark, costretto ad andarsene senza seguire Sam e Gilly nonostante la loro complicità (e che lancia una maledizione sui Frey, senza saperlo: “La mancanza di ospitalità è un gesto che gli dei non possono perdonare”); Arya, la cui voglia di vendetta rischia di compromettere il viaggio col Mastino; Balon, che si vede recapitare il pene del figlio con la richiesta di ritirare le sue truppe dal Nord e rifiuta, scatenando la riscossa della figlia Asha, che parte alla ricerca del fratello. Fino al melodramma puro di Ygritte e Jon, con lei che ritrova e trafigge l’amante con le frecce, mentre lui fugge dopo averle dichiarato amore, ma anche la decisione di tornare dai Guardiani della notte.
Mhysa si chiude con Daenerys che vuole confermare la sua foggia di liberatrice e ingrassare il suo esercito fatto di schiavi liberati così attende gli schiava di Yunkai, i quali la portano in trionfo al grido di Mhysa, madre, con un’inquadratura dall’alto che fa impressione. La riprova di come si può chiudere in modo epico eppure sospeso una stagione fatta di alti e bassi, discontinua e discutibile come mai prima d’ora Game of Thrones, forse perché il materiale romanzesco di Martin è troppo difficile da gestire senza potarlo ampiamente. Eppure, il dittico finale di episodi ci lascia Game of Thrones come lo conoscevamo: una grande serie complessa, ricca di personaggi memorabili con pochi tratti (Davos, Asha) e atmosfere densissima. Ma che necessita di una messa a punto nel settore della scrittura.
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