Si doveva inizialmente intitolare L’apparato Umano, ovvero come il libro che il protagonista, Jep Gambardella, ha fantomaticamente scritto quando era ancora giovane e innamorato, il film che riporta Paolo Sorrentino a girare in Italia dopo la non felice esperienza di This Must Be the Place (che, dopo tanti rimandi, non è mai stato ufficialmente distribuito negli States). Budget (pare) di circa 10 milioni di euro, quattordici settimane di riprese, cast ricchissimo (c’è persino un non riuscito cameo di Antonello Venditti) ed una dedica al giornalista di Repubblica Giuseppe D’Avanzo, scomparso ormai due anni fa.
Roma, i suoi splendidi monumenti, l’ossessiva presenza della Chiesa e dei suoi rappresentati, i suoi tempi della capitale e, soprattutto, la sua vita mondana, fatta di ricchi cafoni e intellettuali con poco da dire. Sorrentino la mostra e la carica di immagini come ormai è diventato suo solito, aggiungendo grottesco al grottesco. Si respira aria di Il Divo, cambia solo, e di poco, la prospettiva, non più “solo” mondo politico, ma “anche” mondo politico. C’è davvero di tutto dentro questo film: poesia, satira, scene oniriche e momenti di grande drammaticità. Sorrentino lavora per eccesso, carica, carica e carica fino a sfiorare il limite del buongusto e poi, con una trovata narrativa (come l’introduzione del personaggio della suora santa) riesce ad uscire fuori vincente dalla situazione, dando un senso al tutto. Ci sono momenti splendidi (come la prima intervista all’attrice) e altri totalmente trascurabili e possibilmente da tagliare in un film da 2 ore e mezzo, così come appaiono kitch alcune scelte (il Toni Servillo da giovane sembra uscito da una pubblicità di un profumo Dolce e Gabbana), ma il totale è qualcosa che finisce con il rimanere negli occhi e nel cuore dello spettatore. Cosa è la grande bellezza? Cosa ci ispira nella vita se non l’amore?
Se Servillo, alla quarta volta al servizio di Sorrentino, è sempre bravo anche se comincia a sembrare un po’ troppo simile a sé stesso, risultano perfetti i piccoli ruoli dati a Carlo Verdone, Roberto Herlitzka e Sabrina Ferilli. Nella scelta delle “facce” Sorrentino si rivela sempre bravissimo, anche se, nonostante La Grande Bellezza sia senza dubbio un film bello e coraggioso, la sensazione finale è che qualcosa continui a mancare soprattutto in fase di scrittura, quasi che a forza di fare caricature di personaggi Sorrentino abbia perso di vista l’esigenza dello spettatore di trovare, anche solo per qualche secondo, un po’ di empatia con i personaggi della storia che stanno seguendo. Escludendo un film sui generis come Il Divo, lo potevano fare con L’Uomo in Più, Le Conseguenze dell’Amore ed anche un poco con L’Amico di Famiglia, film che sembrano lontani anni luce dalla poetica del Sorrentino di oggi, non lo possono fare con This Must Be the Place e La Grande Bellezza. Purtroppo.
Voto: 3.5/5
La Grande Bellezza esce oggi nelle sale italiane in contemporanea con la sua presentazione al Festival di Cannes, dove è in Concorso.