Il ritorno di Person of Interest non era in discussione su CBS, visto che gli ascolti erano più che discreti, ma sicuramente ponevano agli autori Jonathan Nolan e J. J. Abrams dei problemi: amalgamare o no, e se sì come, gli spunti seriali e orizzontali con la struttura classica di episodi chiusi cercando di attirare il pubblico del network abituato a serie “conservatrici”? La 2^ stagione in onda in queste settimane su Mediaset Premium dirime la questione in modo piuttosto convincente.
La seconda stagione incomincia dove era finita la prima, ovvero la telefonata della macchina a Reese. La telefonata consiste in un codice che identifica una nuova persona di interesse: Leon Tao, un uomo che ha rubato dei soldi a persone pericolose. Intanto Root (la hacker che ha rapito Finch), si trova assieme a Finch in un ristorante dove avvelena Julie Davenport. Reese salva Tao e riesce ad avere informazioni su Finch dalla macchina, che rivela il nome “Hanna Frey“, una ragazza scomparsa in un piccolo paesino in Texas. Reese chiama Carter e la invita ad andare in Texas assieme a lui. Nel frattempo Root tende un agguato a Denton Weeks, l’amante di Julie Davenport nonché l’uomo a cui Nathan Ingram ha venduto la macchina per un solo dollaro.
Da qui, Nolan (coadiuvato per la première da Raffaele Zorzes e da John Cassar per la regia) fa partire un’avventura che assieme al tentativo di Reese di recuperare Finch (cosa che avviene dopo 2 episodi) racconta anche l’insieme degli interessi e delle persone connesse alla creazione della macchina, tessendone quasi una sua storia, tanto che si comincia proprio con il primo dialogo tra Finch e la creatura, che oramai, da vera e propria intelligenza artificiale, è un reale personaggio che parla e interagisce con i personaggi.
Così è proprio la macchina, al centro di ogni possibile storyline, a diventare l’ago della bilancia della serie fornendo il caso settimanale da cui, per struttura, non si può delegare, ma anche a creare gli intrecci che fanno avanzare e approfondire il racconto, rendendo importante il ruolo di alcuni nuovi personaggi che potrebbero essere centrali. Root (significativo il cognome di Turing, dallo scienziato che creò i linguaggi informatici dando origine al logo Apple) ovviamente, che però pare sparire dopo i primi episodi, ma anche Elias e soprattutto Leon Tao, che potrebbe essere il Leo Gatz (l’irresistibile macchietta di Arma Letale interpretata da Joe Pesci) della serie.
Una 2^ stagione che quindi sa fare propria e capitalizzare la semina della prima annata, sa dare ai suoi attori ancora più spazio e sfumature (soprattutto a Jim Caviezel ed Amy Acker) e battute spassose (“La vera ragione della macchina, è che il mondo è una noia”), tensione narrativa e la solita precisione della regia nelle scene d’azione. Insomma, un dramma mainstream di fattura più che buona.
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