Ieri abbiamo potuto partecipare alla preview IMAX di Into Darkness: Star Trek, il film diretto da J.J.Abrams (Lost, Super 8 e il prossimo Star Wars) e sequel dell’acclamato reboot che ha convinto fan e pubblico nel 2009.
Oltre 35 minuti di filmato mostrati, che ci hanno a dir poco entusiasmato (QUI la descrizione e il commento).
Presente all’evento anche il produttore Bryan Burk, strettissimo collaboratore di J.J.Abrams alla Bad Robot con il quale ha lavorato non solo per le serie tv Lost, Fringe e Revolution, ma anche in pellicole come il primo Star Trek e Mission Impossible: Protocollo Fantasma.
Nella sala IMAX presentando il filmato ha spiegato di come siano rimasti entusiasti del consenso e del successo del primo film nel 2009. Il sequel necessariamente doveva essere sviluppato non come una conseguenza frettolosa del successo, ma pensato ed impostato in un certo modo. Ci doveva essere maggiore azione, più dramma, doveva essere più grande: per questo si è pensato subito all’IMAX, formato già utilizzato per le scene più spettacolari del quarto Mission: Impossible (per quanto riguarda la scelta del 3D e della riconversione trovate tutto nell’intervista sottostante).
“Volevamo fare un film anche per chi non è fan della saga, e che tutti possano amare” ha continuato Burk “ma senza scendere a compromessi“. Lui stesso ha ammesso di non essere stato un fan della saga quando era giovane, e solo avvicinandosi come produttore ne ha scoperto la grandezza e la sua universalità.
“C’è un gruppo di spettatori che venera Star Trek, ma il nostro obiettivo era raggiungere chi non lo ama, chi è convinto che chi ama Star Trek sia pazzo. Io appartenevo a questo secondo gruppo: mi sarebbe tanto piaciuto apprezzare Star Trek, ma non riuscivo a capirlo. Quando poi è arrivata l’opportunità di produrre il reboot, mi sono sentito adatto per questo compito proprio perché appartenevo al target cui volevamo rivolgerci. Ho iniziato quindi a studiare il mondo di Star Trek e ho capito che il suo creatore Roddenberry era un genio: ha creato un mondo ideale dove l’umanità ha superato le differenze ed è unita, e vuole esplorare l’universo.“
Hollywood non ha mai trattato il franchise di Star Trek con lo stesso rispetto di altre saghe fantascientifiche. Le pellicole sono state prodotte sempre più per i fan, e con budget sempre più bassi. Abrams e Burk decisero che era ora di dare a Star Trek il film della grandezza che meritava, e chiesero alla Paramount molti soldi e molta fiducia: fortunatamente si dimostrarono disponibili sia a livello finanziario che a livello creativo, e sappiamo poi com’è andata.
Abbiamo poi chiacchierato con il produttore a tu per tu ad una breve roundtable ed ecco il resoconto completo:
C’è una grande aspettativa nei confronti di questo nuovo villain, John Harrison. Cosa ci puoi dire su di lui e come è stato scelto Benedict Cumberbatch?
Abbiamo discusso molto su quale dovesse essere il villain della pellicola. La grandezza degli eroi dipende dal cattivo con cui si confrontano, e noi volevamo un grande villain. Noi volevamo qualcuno di spietato, molto intelligente, che fosse due passi avanti rispetto a loro. Ci siamo guardati in giro, e abbiamo visto la prima stagione di Sherlock, che consigliamo a tutti i vostri lettori di vedere. Benedict Cumberbatch è fantastico, ha fatto la sua audizione via iPhone: ha girato un video, ce l’ha spedito e ci siamo detti “Abbiamo trovato il nostro cattivo”. Una grande voce, molto intensa, e quando smette di recitare torna subito ad essere Benedict. Ma appena riprende il suo personaggio è terrificante…
La serie di Star Trek e i suoi film tradizionalmente sono ambientati nello spazio, mentre questo film è per buona parte ambientato sulla Terra. Ce ne puoi parlare?
Sì, una buona parte del film si svolge sulla Terra. Non è una scelta consapevole, ma semplicemente perché il villain è un terrestre ed è per questo che il film è ambientato sul nostro pianeta. Mi è capitato recentemente di discutere sull’argomento, e in effetti è strano come Star Trek sia tra tutti i franchise di fantascienza quello meno fantascientifico. È più una ricostruzione scientifica che guarda al futuro che pura fantascienza: quando guardo Star Trek non mi sembra di guardare un posto magico, ma di assisistere al mio futuro. Dove noi andremo….Per esempi i “comunicator”. Il tizio che ha inventato il cellulare probabilmente l’ha fatto perché guardando Star Trek si è detto “Voglio anch’io un comunicator!”. Se vuoi ulteriori prove, basta vedere Richard Branson cosa sta facendo con Virgin Galactic. Per un che teenager oggi che guarda questo film è diverso e ancora più realistico rispetto ai miei tempi, perché pensa realmente che tutto questo possa succedere. Star Trek parla quindi del futuro dell’umanità, è molto tangibile.
Bryan Burk ha poi parlato dello stile della Bad Robot, tra segreti e dettagli (sarà John Harrison o Khan?). Per esempio ha raccontato un divertente aneddoto riguardante la serie tv Lost. Insieme al suon team riempivano gli episodi di piccoli elementi per il loro stesso divertimento. Ragionavano su cosa si poteva nascondere sapendo che sarebbe stata scovato solo da poche persone. Ma all’inizio della seconda stagione un simbolo troppo evidente della Dharma posto su uno squalo che nuotava sott’acqua fece arrabbiare il presidente della ABC che li rimproverò “Se nascondete roba nella serie ce lo potete dire?” e Burk gli rispose “Ma noi nascondiamo un mucchio di roba in ogni episodio, a cosa vi riferite in particolare?“.
Una settimana dopo c’era un episodio con una visione di Walt da bambino, e Damon Lindelof ebbe l’idea di fargli dire qualcosa al contrario, pensando che pochissimi si sarebbero accorti: dopo poco almeno 12 stazioni radio iniziarono a trasmettere quel pezzo al contrario e la gente si rese veramente conto di come agiva la Bad Robot! A quel punto divenne tutto più difficile perché nascondere cose quando nessuno lo sa è molto più semplice: però Burk ha rivelato che ci sono almeno un paio di altre cose in Lost che non sono state ancora scoperte, e visto che nell’ultimo Star Trek avevano nascosto R2D2, anche in questo film ci saranno curiosi dettagli celati!
Ma attenzione. Non c’è il rischio di contaminare Star Wars con Star Trek perché “Sono due franchise completamente diversi […] La differenza principale è che Star Trek è incentrato sul nostro mondo, con persone umane, mentre Star Wars è ambientato in una Galassia Lontana, tanto tempo fa.” Secondo il produttore è paradossalmente Mission Impossible ad essere più vicino a Star Trek, perché almeno ci si può chiedere “Cosa farebbe Ethan Hunt tra 200 anni?!”
A proposito del villain, l’impressione è che sia una sorta di terrorista molto arrabbiato. Un tema che potrebbe essere molto attuale per gli spettatori: è stata una scelta da parte vostra, per rendere la storia più vicina all’attualità?
In effetti quando abbiamo iniziato a pensare alla storia abbiamo riflettuto tantissimo sul mondo reale, su quello che succede adesso e sul perché la gente fa quello che fa. La figura del villain è quella di un cattivo, ma lo è ovviamente dal nostro punto di vista, dal suo punto di vista deve sentirsi buono. Ed è interessante, perché John Harrison ha una motivazione per fare quello che fa. Secondo lui, sono loro i cattivi. Molti di film attuali nascono da conversazioni su cosa sta succedendo oggi, e questa è una cosa che ancora Star Trek alla realtà. Anche i cattivi del nostro mondo credono di essere buoni.
In sala hai parlato della scelta del 3D, inedita per il vostro team. Per quale motivo riconvertire il film anziché girarlo in stereoscopia?
Noi pensiamo che il miglior esempio di film girato in 3D sia Avatar. James Cameron ha inventato tutta questa tecnologia, anche se molto di Avatar è stato riconvertito. Da allora in molti hanno girato in 3D, ma questo non basta per trasferire realmente la visione del regista sul grande schermo e fare un bel film. Infatti quando giri direttamente in 3D, è importante pensare alla stereoscopia e spesso si finisce per tralasciare la regia. Per esempio, girando in 3D non si possono inserire elementi in primissimo piano. Ma chi farebbe un film senza elementi in primissimo piano?
Con Star Trek abbiamo fatto molti test in 3D nativo, volevamo utilizzare la shaky camera e non potevamo a causa della doppia cinepresa: un occhio avrebbe visto una cosa, e l’altro no! Girare in 3D funziona, ma non funziona per tutti i film. Ci siamo poi resi conto che la tecnica di riconversione 3D è cambiata completamente ultimamente, è diventata molto più accurata: la nostra riconversione non sarà frettolosa, perché serve il giusto tempo giusto per controllare e lavorare su ogni singolo frame.
Per quanto riguarda i lense flares, il marchio di fabbrica di J.J. Abrams, nella preview non ne abbiamo praticamente visti. Verranno aggiunti in seguito? Burk sorride “In realtà ci sono lense flares, ma in quantità inferiore rispetto al primo episodio.”
– QUI trovate l’analisi del primo trailer, con i dettagli dei personaggi.
– Qui potete vedere l’ultima featurette del film, sottotitolata in italiano.
Into Darkness: Star Trek uscirà nei cinema italiani il 13 giugno 2013. Per rimanere aggiornati sul film seguite le nostre news dal blog. Vi ricordiamo inoltre che qui trovate la pagina facebook italiana del film.