Educazione Siberiana, la recensione in anteprima del film di Gabriele Salvatores

Educazione Siberiana, la recensione in anteprima del film di Gabriele Salvatores

Di Valentina Torlaschi

Educazione siberiana Vilius Tumalavicius Arnas Fedaravicius foto dal film 1Il fascino di un mondo mai visto prima. Un’avvincente storia di amicizia, morti ammazzati e antiche tradizioni. In un angolo dimenticato della Russia occidentale, in quella terra glaciale dal nome impronunciabile e dalle troppe allitterazioni che è la Transnistria, vive la comunità dei “criminali onesti siberiani”. Ossia un’umanità tatuata in ogni angolo di pelle, percorsa da violenza e solidarietà in egual misura, dove la vita è segnata da rituali ben precisi. Lì si venerano le armi, si rispettano i più deboli (anziani, pazzi, disabili), si disprezzano con eventuale licenza di uccidere gli uomini di Potere (poliziotti, banchieri, comunisti) e “non si possiede più di quanto il proprio cuore possa amare”.

È proprio in questo mondo inedito che risiede il fascino di Educazione Siberiana, il nuovo film (importante e imperfetto) che Gabriele Salvatores ha tradotto per immagini partendo dal best-seller di Nicolai Lilin. Un mondo che, pur essendo immerso in un’atmosfera fuori dal tempo, propone tematiche di stretta attualità. In primis il disorientamento delle nuove generazioni: catapultati senza soluzione di continuità dal Comunismo al consumismo, divisi tra una collettività imposta e un istintivo egoismo, tra un’ingombrante tradizione e una modernità ineluttabile, i due giovani protagonisti corrono fino all’ultimo respiro per le strade della malavita alla ricerca di una felicità impossibile. Amici sin dall’infanzia e dall’infanzia strappati troppo presto, Kolima e Gagarin ricalcano i sentieri di Noodles e Max in C’era una volta in America: legati profondamente dal proprio passato fatto di rapine e bagni al fiume si ritroveranno infine l’uno contro l’altro.

Con Educazione Siberiana Salvatores ha dimostrato per l’ennesima volta di essere un regista coraggioso, che non ha paura di sperimentare nuovi generi e nuovi territori. Dopo una commedia solare e familiare come Happy Family (girata nella sua Milano con i suoi attori-amici Fabrizio Bentivoglio e Diego Abatantuono, oltre al fatto di essere tratta da uno spettacolo teatrale del Teatro dell’Elfo da lui stesso fondato), il regista ha infatti optato per questa storia profondamente oscura e “straniera”. Prima produzione internazionale, con un budget importante, girata in inglese e con un gruppo di attori tutti nuovi, con le difficoltà di un tipico film in costume, Educazione Siberiana era una sfida importante. E, almeno dal punto di vista della regia, Salvatores ne esce vincente. La sua macchina da presa (coadiuvata dal fedele e abile Italo Petriccione alla fotografia) sfrutta il fascino livido e la luce “color candeggina” dei paesaggi innevati così come dipinge con intensità l’esotismo degli ambienti interni saturi di icone sacre e velluti rossi. Visivamente, Educazione Siberiana è un film che riesce a imprimersi nella memoria dello spettatore regalando un paio di picchi di grande Cinema come la scena della calcinculo (con le emozioni che decollano, si afferrano e si lanciano via) o quella in cui Kolima, nell’oscurità del carcere, unico elemento illuminato dalla luna e sfiorato dai fiocchi di neve, incide il suo primo tatuaggio.

Nel complesso una regia convincente, insomma. Così come convincente è il cast in cui, tra attori emergenti o lanciati da poco, spicca il nome di John Malkovich. Nei panni del vecchio e saggio nonno Kuzja, Malkovich si è dimostrato ancora una volta esemplare nel recitare per sottrazione, eludendo ogni stereotipo; peccato solo che un doppiaggio con un accento un po’ troppo “alla russa” e dei costumi forse un po’ troppo puliti e stirati abbiano come diluito la sua performance. Accanto a lui, nei panni dei due ragazzi protagonisti troviamo due giovani attori lituani: Arnas Fedaravicius e Vilius Tumalavicius. Volto affilato e sguardo tagliente il primo (un Keanu Reeves molto più dark); faccia da schiaffi, fisico massiccio e fare da sbruffone il secondo (una sorta di Russell Crowe, biondo, degli albori), i due hanno il perfetto physique du rôle per rendere questi due adolescenti diversi e disorientati, spietati criminali alla ricerca di amore e un’impossibile felicità. Qualche rrisersa invece per Eleanor Tomlinson che – un po’ già come il Quattro Formaggi/Elio Germano di Come dio comanda – è un pazzo troppo eccessivo, agitato e sopra le righe.

Ciò che invece convince poco è la sceneggiatura. I maestri Rulli e Petraglia hanno firmato uno script estremamente didascalico. C’è un’ansia diffusa di voler spiegare tutto, anche quello che già le immagini fan capire chiaramente. Un esempio? Be’, il dialogo inutile e ridondante in cui il padre di Xenia (Eleanor Tomlinson) ricorda a Kolima che sua figlia ha ormai un corpo da donna e una mente da bambina: concetto chiarissimo dalle scene precedenti e dai baci/carezze innocenti della ragazza. Troppo spesso, inoltre, si è preferito “raccontare” piuttosto che “mostrare” e così abbondano “scene al tavolino” in cui un personaggio parla di tradizioni, rituali ed episodi che sarebbe stato più interessante vedere tradotte solo in immagini. E c’è da sottolineare poi che se il libro di Lilin, anche per la sua (seconda) lingua italiana imperfetta, diretta e asciutta, risultava ruvido e spigoloso, la sceneggiatura di Rulli e Petraglia (che ha dei passaggi un po’ imbarazzanti come l’episodio del nastro e la resa dei conti anche questa al tavolino…) ha voluto smussare troppo gli angoli e rendere la storia troppo fluida e digeribile.

Come si diceva, anche a causa di questa sceneggiatura didascalica, Educazione Siberiana è un film che nel complesso ha avuto troppa poca fiducia nelle immagini ma si è troppo aggrappato alla parola. È come se in un’opera lirica dalle scenografie sfarzose e dagli eccellenti cantanti, invece di dar spazio alle arie e alla musica si fosse ecceduto nei recitativi e nella parola. Detto questo, Educazione Siberiana è comunque un film bello, importante, coinvolgente. Un film che ti rimane tatuato addosso: forse il tatuaggio non sarà di quelli spessi e profondi siberiani, ma più fine e leggero, comunque indelebile. Il rimpianto, alla fine, è che Educazione Siberiana sarebbe potuto essere non solo un bel film, ma un grande film. Grandissimo. Perfino un capolavoro.

Educazione Siberiana esce in sala domani 28 febbraio 2013.  Qui potete leggere un approfondimento sul libro, qui trovate la pagina Facebook ufficiale e qui l’account Twitter.

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