È finita la 63 edizione della Berlinale, festival che quest’anno ha visto un notevole incremento della qualità media della pellicole in concorso, quasi tutte a proprio modo apprezzabili anche da un pubblico di non cinefili. Le delusioni maggiori sono arrivate forse da dove non ce lo si aspettava: The Grandmaster di Wong Kar Wai e l’americano The Necessary Death of Charlie Countryman di Frederick Bond (con Shia LaBoeuf, Evan Rachel Wood e Mads Mikkelsen). La vittoria è andata a:
Child’s Pose (di Calin Peter Netzer)
Iniziamo dal film vincitore dell’Orso d’oro, drammatico film rumeno costruito caratterizzato da macchina a mano e una serie di sempre più appassionanti dialoghi. Per struttura narrativa, seppur con i dovuti limiti, è un tipo di film che può ricordare quel Una Separazione che tre anni fa trionfò proprio alla Berlinale. Caso più unico che raro per un film proveniente dall’est europa, stavolta al centro della trattazione c’è una famiglia borghese, una madre che cerca di salvare il figlio dal carcere dopo che questo si è reso colpevole di un tragico incidente. Il rapporto tra i due, tanto tormentato, quanto in fondo forte, domina questa storia piena di tensione, capace allo stesso tempo di rappresentare quanto il peso dei soldi finisca con l’influenzare ogni tipo di dinamica sociale, compresa la giustizia.
Gloria (di Sebastian Leilo)
Lo davano come il film favorito per l’Orso d’oro, si è dovuto accontentare di quello d’argento dato alla sua attrice protagonista, la straordinaria Paulina Garcia che da sola sostiene tutta la pellicola. Poco dopo la visione ufficiale della pellicola, la Lucky Red se ne è accaparrata i diritti per la distribuzione italiana. E’ un film che, lanciato bene, può regalarsi buone soddisfazioni al box office. Siamo in Cile: Gloria è una donna sulla cinquantina, divorziata da qualche anno, che vive con leggerezza ed un approccio sempre positivo ogni nuova avventura che la vita gli pone davanti. E’ un personaggio di una tale bellezza che non ci si stanca mai di vederlo in scena, neppure quando le cose non gli dicono bene. Oltre alla Garcia, ottima è l’interpretazione di Sergio Hernandez ed altrettanto apprezzabile è la regia di Sebastian Leilo capace di regalare tante piccole ed apprezzabili sequenze (bellissima è la scena della ricomposizione familiare con il nuovo partner che osserva il tutto lateralmente, una sequenza che tanto ricorda il finale di Another Year di Mike Leigh).
Don Joe’s Addiction (di Joseph Gordon-Levitt)
L’esordio di Joseph Gordon Levitt alla regia e alla sceneggiatura è un concentrato di humour ed originalità di quelle che da tempo non si vedevano. Gordon-Levitt detesta i film noiosi, lo ha detto lui stesso durante la presentazione di questo film al Friedrich-Palast, e così non solo la sua commedia tiene un ritmo, soprattutto nella prima ora, che cerca di sfruttare ogni secondo di pellicola per far sorridere il pubblico, ma lo fa anche affrontando un tema mai sfruttato prima (la dipendenza dal porno) e mettendo sé stesso al centro della storia, con una buon dose di autoironia. Le considerazioni sul perchè il porno possa essere meglio del sesso, seppur facciano parte di un punto di vista opinabile, riescono ad essere tanto polically uncorrect quanto non volgari, segno di una capacità di analisi della realtà circostante non da tutti. Nonostante Gordon-Levitt sia famoso da quando è un bambino, con Don Joe’s Addiction dimostra di essere rimasto con i piedi per terra. E poi, Scarlett Johansson non era mai stata così bella e provocante sul grande schermo. Anche questo è un merito.
Before Midnight (di Richard Linklater)
La trilogia di Richard Linklater, Prima dell’alba nel 1995, Prima del tramonto nel 2004 ed ora questo Prima di mezzanotte (non è ancora ufficiale, ma in Italia dovrebbe essere distribuito con questo titolo) è legata a filo doppio con Berlino. Tutti e tre i film infatti sono stati presentati durante questa kermesse, vincendo, con il primo episodio, anche un Orso d’argento. Dopo Vienna e Parigi, questa volta di due innamorati per un giorno si trovano su un piccolo villaggio del Peloponneso, in Grecia. Ormai sono una famiglia e se la paura di perdersi l’un l’altro c’è ancora, beh, questa volta la ragione non è l’impossibilità di stare assieme nella stessa città, ma il rischio che l’amore sia finito. I personaggi sono cresciuti con il loro pubblico ed alcuni dialoghi sono davvero toccanti per la capacità di cogliere le più piccole sfumature dei problemi e delle speranze delle relazioni tra due persone che si amano da tempo. Come già in passato, anche questa volta si tratta di un grande film.
Frances Ha (di Noah Baumbach)
Forse è la vera sorpresa del festival, un piccolo Woody Allen al femminile, bianco e nero, su New York, scritto a quattro mani da due dei talenti più promettenti del nuovo cinema americano: lo sceneggiatore di fiducia di Wes Anderson ovvero Noah Baumbach (che da regista viaggia tra gli alti di Il calamaro e la balena ed i bassi di Lo stravagante mondo di Greenberg) e l’attrice Greta Gerwig. Il loro umorismo in altri casi troppo sopra le righe, trova qui il giusto equilibrio e in maniera molto graduale, tra un sorriso e l’altro, ci introduce dentro la vita della Frances del titolo, un’aspirante ballerina e coreografa che cerca di sbarcare il lunario come può mentre la vita un po’ fintamente ribelle e borghese degli altri suoi amici newyorkesi le passa accanto come una meteora. Frances Ha è una bellissima storia d’amicizia piena di brillanti dialoghi ed un finale da standing ovation. Davvero un gran bel film, peccato sia ancora senza distribuzione italiana (ed essendo in bianco e nero è difficile che la trovi).
Trovate la lista dei premi in questo articolo. Ecco invece i riconoscimenti della sezione Panorama:
Panorama – Premio del Pubblico, lungometraggi:
1 The Broken Circle Breakdown, di Felix Van Groeningen
2 Reaching for the Moon, di Bruno Barreto
3 Inch’Allah, di Anaïs Barbeau-LavalettePanorama – Premio del Pubblico, documentari:
1 The Act of Killing, di Joshua Oppenheimer
2 Salma, di Kim Longinotto
3 A World Not Ours, di Mahdi Fleifel
ScreenWEEK ha partecipato a Berlino alla 63esima edizione del Festival. Recuperate tutte recensioni e i commenti arrivati dalla capitale tedesca a questo link.