L’ironia di The Impossible è che la vera impresa impossibile non sembra solo trovare una famiglia sopravvissuta per intero a un disastro come lo tsunami che ha colpito le coste tailandesi durante le tragiche vacanze natalizie del 2004. Impossibile sembra sopratutto raccontare una storia come questa senza indulgere a patetismi e soluzioni facilmente capaci di strappare la commozione dello spettatore. Ispirato alla storia vera di cinque superstiti dell’onda anomala, il film diretto da J. A. Bayona non intende d’altra parte essere molto più di una ricostruzione di quell’esperienza, a dir poco terribile, attraverso gli occhi di una famiglia costituita da madre padre e tre figli piccoli, travolti e separati per diversi giorni dall’inferno di acqua.
Nello specifico, il racconto è strutturato più o meno in quattro parti. La prima, piuttosto insostenibile per la quantità di retorica (sia concettuale che visiva) contenuta nelle immagini, è dedicata letteralmente alla quiete prima della tempesta: la famigliola arriva sulla costa esotica contenta per il Natale, ma attraversata da sottili tensioni, come il desiderio della madre di riprendere il lavoro lasciato per occuparsi dei bambini, i litigi tra i fratellini, l’apparente indifferenza del marito nei confronti dei desideri della moglie. Poi l’onda, anzi le onde, e con esse la parte anche “spettacolare” del film, in cui la protagonista Naomi Watts si trova a lottare contro la furia dell’acqua per non staccarsi dal più grande dei figli. La sua tenacia di madre le causa però ferite orrende e molto gravi, da cui prende via la parte “ospedaliera” di The Impossible, che vive di una strana schizofrenia. Da un lato l’esaltazione della perseveranza, della solidarietà e della tenacia nella ricostruzione dei rapporti familiari, dall’altro più di una concessione alle tendenze horror del regista, che proviene da un’opera prima di genere come The Orphanage. Ovviamente non si tratta di nulla di eccessivo, ma di un tocco di impressione che non manca di moltiplicare l’atmosfera già iper-drammatica. Infine il cambio di prospettiva, che rappresenta forse anche il passaggio più debole dell’opera. Di colpo si torna infatti a occuparsi del padre e degli altri due bambini travolti dallo tsunami ma rimasti apparentemente incolumi, e al povero Ewan McGregor spetta il compito di trascinare faticosamente il film verso l’epilogo caricato di lacrime e pathos. Un capitolo che è un tripudio di inquadrature in cui i personaggi si perdono e si ritrovano, si sfiorano (anche poco credibilmente) fino al gran abbraccio finale che, date le premesse del film, non c’è bisogno di celare.
Nonostante nel complesso non sia mal realizzato, The Impossible è esattamente quanto ci si può aspettare da un film su una catastrofe naturale: pone l’accento sulla solidarietà dei soccorritori, sulla forza dei legami familiari, sulla potenza dell’amore che supera il dolore ecc ecc, mentre, dal punto di vista stilistico, la regia sembra mettersi completamente a servizio dell’effetto drammatico, senza disdegnare una combinazione anche poco organica di ispirazioni molto diverse tra loro. Buona comunque la performance di Naomi Watts, che riesce a dare il giusto equilibrio al suo personaggio, portandosi a casa anche la nomination, prevedibile ma in fin dei conti meritata, all’Oscar come miglior attrice.
The Impossible è da oggi nelle sale italiane, distribuito da Eagle Pictures.