Continuano le miserie della politica nostrana e continuano perciò giustamente a spopolare i personaggi creati da un comico raffinato come Antonio Albanese, a cui si deve riconoscere non solo l’abilità nel cogliere il lato grottesco della nostra contemporaneità, ma anche grandi doti di interprete nel passare da una maschera all’altra sempre con grande presenza e credibilità. Doti ampiamente sfruttate, dopo il successo di Qualunquemente, per mettere a punto quella nuova parodia dell’Italia, o perlomeno di alcuni suoi eccessi, che è Tutto tutto niente niente, dove all’esilarante personaggio di Cetto La Qualunque se ne aggiungono altri due, che hanno poco da invidiargli in quanto a bassezza morale e intellettiva, nonché per potenziale comico.
Il primo è Frengo Stoppato: amante e guru del fumo, in tutte le sue declinazioni, ma soprattutto inerme vittima di un manipolo formato da mamma e zie pronte a scomodare perfino il Papa pur di farlo beatificare (ovviamente ancora in vita). Rodolfo Favaretto è invece un secessionista convinto, che detesta gli immigrati ma li usa per ampliare abusivamente la sua villa in stile tirolese, ma soprattutto per mettere in piedi l’esercito che dovrà riunire la sua cittadina del Nord con l’amata Austria. Insieme, questi tre personaggi costituiscono i tre improbabili rappresentati del popolo, nonché i tre casi umani, che approderanno per sbaglio in Parlamento, portando scompiglio nei precari e molto loschi equilibri del Palazzo della Politica, su cui regna incontrastato il potere del viscido Sottosegretario (Fabrizio Bentivoglio).
Il film, va detto subito, ha il pregio di non ripetersi rispetto alla precedente opera nata dalla verve di Albanese. L’aggiunta degli altri due “cani sciolti” porta infatti una certa freschezza e soprattutto dà la possibilità di procedere per brevi gag ed episodi, un po’ come in Qualunquemente, senza però appesantire il ritmo e senza ricordare la provenienza televisiva dell’operazione. In compenso, anche Tutto tutto niente niente presenta alcuni dei difetti del suo predecessore: essendo costruito tutto sulle battute e la gestualità di Albanese, alterna momenti molto esilaranti a intervalli decisamente più piatti, mentre l’estrema serietà con cui l’attore dà vita ai suoi personaggi, se in generale va considerata come un indubbio pregio, talvolta arriva perfino a drammatizzarli in maniera eccessiva, quasi a scapito del lato comico. L’elemento meno riuscito è però la visione proposta dei palazzi del potere e della politica italiana, rappresentata con tinte ancora più estreme che in precedenza, come un circo surreale che avrà forse attinenza con alcune notizie di attualità, ma non “graffia” e non risulta perciò nemmeno incisiva. Per il resto, il film è esattamente ciò che promette, e non dovrebbe deludere chi ha già apprezzato la precedente prova di Albanese.
Tutto tutto niente niente esce oggi nelle sale italiane, distribuito da 01 Distribution.