Scandal, il commento alla nuova serie di Shonda Rhimes

Anni passati dentro gli ospedali di Seattle o Los Angeles ci avevano fatto credere che Shonda Rhimes sapesse solo scrivere di dottori. Invece Scandal, serie ABC cominciata da qualche episodio anche su FoxLife, dimostra che la creatrice di Grey’s Anatomy e Private Practice è anche in grado di mescolarsi con politica, crimine e gossip.

Protagonista di Scandal è Olivia Pope, avvocato un tempo alle dipendenze del presidente degli Stati Uniti che ora con un gruppo di colleghi cerca di salvare da scandali o problemi legali i membri della classe politica di Washington. Ma il presidente non tarderà a farsi sentire di nuovo. Scritto dalla stessa Rhimes, col pilot (Sweet Baby) diretto da Paul McGuigan, Scandal è un legal drama dalle venature poliziesche, politiche e, ovviamente, sentimentali che partito dalla midseason americana è arrivato a conquistarsi una 2^ stagione completa.

Con merito viene da dire: Scandal è una serie dal ritmo vispo che racconta il nido di vespe della politica, dell’intreccio tra media e potere e dei suoi risvolti oscuri attraverso una protagonista il cui “superpotere” (come viene definito ironicamente) è l’istinto di accettare o meno i casi di cui vale la pena occuparsi. Assieme al suo team, che si fa punto di vista attraverso l’escamotage della nuova arrivata, ribaltano la regola del giallo che vuole il colpevole sempre smascherato alla fine: i colpevoli o la verità non interessano, interessa solo il cliente, la sua incolumità e la sua reputazione.

Strutturato come ogni legal drama su casi paralleli durante l’episodio, Scandal dà il meglio di sé quando tratta esplicitamente i temi politici, come nella storia dell’amante del presidente – che fa riemergere il legame tra lui e Olivia – e che è il filo rosso della prima stagione. Se prosegue, anzi se ispessisce questo filo la serie potrebbe diventare la sorpresa ABC e la migliore serie di Rhimes, visto che Private Practice si avvia verso la chiusura e Grey’s Anatomy è in declino da po’: fosse solo per il fascino di Kerry Washington e la faccia da schiaffi di Henry Ian Cusick ce lo auguriamo.

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