Copper, il commento al finale della 1^ stagione

Copper, il commento al finale della 1^ stagione

Di emanuele.r

Presentata in anteprima italiana al recente Roma Fiction Fest, Copper – la serie storico-poliziesca di BBC America – si è da poco conclusa su FoxCrime col decimo episodio dal titolo Il complotto che porta a un punto di rottura la tensione criminale attorno ai Five Points.

Infatti Corcoran, Morehouse jr e i poliziotti del sesto distretto, compreso il figliol prodigo Francis, sono pronti ad accogliere l’arrivo dei criminali sudisti guidati da Kennedy, ma non conoscono il complotto che si cela; nel frattempo, Kevin deve badare alla moglie convalescente e alla piccola Annie.

Scritto dai creatori Tom Fontana e Will Rokos e diretto da Ken Girotti, Il complotto (A Vast and Fiendish Plot) titilla le corde dello scontro finale, della resa conte sul filo dell’epico, ma in realtà segue la via più crepuscolare che ha retto la serie basandosi sui personaggi.

Soprattutto i due Morehouse, il figlio Robert e il padre Norbert, dapprima vicini e complici e poi sempre più lontani col figlio che scopre il vero volto criminale del padre; fino a diventare rivali nel finire dell’episodio. Ma anche le sotto-trame, come l’ambiguità di Elizabeth o il rapporto tra Matthew e la moglie Sara, sottolineano lo spessore della serie nel tratteggio dei caratteri.

Così l’ultimo episodio, teso senza esplodere (in tutti i sensi), di Copper è più un viaggio dietro i risvolti dolorosi e le infide trappole delle parti in causa che una vera e propria battaglia, apparentemente risolta grazie alla prontezza della polizia, ma anche con una consegna di esplosivo da effettuare: un viaggio che alla fine punta di nuovo l’occhio su Corcoran, sulla sua anima divisa e tormentata tra la moglie e l’amore segreto per Eva e che lo porta debolmente a farsi di eroina, sotto gli occhi di Annie che se ne va. Dando il suggello definitivo a una serie, e a una stagione, che è riuscita a ravvivare una partenza un po’ convenzionale, che rischiava di essere sterile, con forti dosi di umanità, intelligenza nel raccontare l’America con la lente del passato (il terrorismo, il riferimento alla ricostruzione di Atlanta con cui Morehouse sr. può rifarsi una vita), bravura degli attori e regia all’altezza della situazione, come dimostra il montaggio alternato durante il Giulio Cesare di Shakespeare.

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