La massificazione, nata in nome del progresso, a conti fatti sembra aver causato più danni che altro, separando gli uomini in nome di un unione virtuale e relegando ad una minima parte, che oltretutto sembra destinata a scomparire del tutto, quei centri urbani che brulicano di arte e che hanno fatto della condivisione culturale (ma non solo) il loro tema portante.
Quella di Upendo Hero, il supereroe dell’amore e dello spazio pubblico, è una figura nata appunto come reazione a tutto questo. Dopo 37 anni di prigionia in un centro commerciale, questo eroe, con la sua enorme testa a forma di cuore, ha deciso di spezzare le catene dell’oppressione e di recarsi con un gruppo di musicisti keniani, gli Ukooflani, in Europa, più precisamente a Berlino, alla scoperta di quei posti che hanno fatto – e continuano a fare – dello scambio culturale una ragione di vita.
Questo è il fulcro di Twende Berlin, il documentario che arriverà nelle nostre sale il 23 novembre distribuito da Manhattan Film. Un vero e proprio inno alla libertà, alla condivisione, alla preservazione degli spazi pubblici, all’interno dei quali lo scambio culturale e artistico è ancora possibile. Un progetto sicuramente interessante e più che mai attuale, che fonde documentario e finzione in un connubio efficace e caratterizzato da un ritmo travolgente.
Un piccolo film che si fa portavoce di un grande messaggio, mettendo da parte la retorica e impartendo una lezione che si snoda come un flusso di coscienza, in contrasto a quel processo di “gentrification” che, lentamente, sta investendo tutti i centri urbani. A prescindere da ogni altra cosa Twende Berlin andrebbe apprezzato solo per questo.