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Torino 2012 – Noi non siamo come James Bond, la recensione in anteprima

Pubblicato il 29 novembre 2012 di emanuele.r

James Bond è l’uomo che ogni uomo vorrebbe essere: affascinante, fa una vita avventurosa piena di donne e soprattutto è invincibile, immortale, ringiovanisce mentre gli altri invecchiano. E si ammalano. Come Mario Balsamo e Guido Gabrielli, amici dai tempi del liceo che tra viaggi e passioni cinefile si trovano ad affrontare la più grande avventura, quella che porta di fronte alla morte: Noi non siamo come James Bond racconta questa avventura.

Mario e Guido, un’amicizia che dura ormai da decenni e che ha fatto superare a entrambi il tumore che li aveva colpiti. Arrivati a cinquant’anni, per i due bislacchi, litigiosi e inseparabili amici è giunto il momento di fare un consuntivo, visitando quei luoghi che, quand’erano due ventenni girovaghi, hanno cementato il loro rapporto: la spiaggia di Sabaudia, Perugia, il bosco degli Spiriti introspettivi di Borgotaro. E cercando Sean Connery, incarnazione di quell’invincibilità che loro credono di non aver mai avuto. Diretto dal solo Balsamo ma realizzato in evidente compartecipazione, Noi non siamo come James Bond è un documentario su due percorsi che s’intrecciano e che diventano una grande storia d’amicizia.

Strutturato come un’investigazione (parlare con Sean Connery pedinandolo telefonicamente)  a tappe in giro per l’Italia, con una Innocenti a sostituire l’Aston Martin, il film abbandona presta la semplice parodia del cinema di Bond per diventare il racconto in prima persona, confessione diretta e aperta, di come si sopravvive a una malattia che debilita fisico e mente anche se è sparita: il corpo scavato di Guido, il muscolo mancante di Mario sono i simboli di una natura matrigna che loro sconfiggono immaginandosi come altri 007, come proiezioni di un immaginario maschile ideale. Ma soprattutto, Noi non siamo come James Bond è una grande storia di amicizia e solidarietà, di comprensione e affetto che non viene semplicemente immortalata dal cinema, ma ci passa dentro, arrivando a riflettere (in un bellissimo litigio) su cosa è – e cosa è legittimo fare in – un documentario.

Balsamo e Gabrielli toccano con precisione e grazia (e un Teho Teardo intelligente nel rileggere la musica di Bond) le corde emotive dello spettatore, senza esagerare mai, non difettando in ironia, ma anche senza nascondere i patti a cui bisogna scendere per poter vivere ancora. Non solo il miglior film italiano di Torino 30, ma forse anche il miglior film in concorso.

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