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Torino 2012 – Arthur Newman, la recensione

Pubblicato il 27 novembre 2012 di Filippo Magnifico

Arthur Newman Colin Firth Emily Blunt Foto Dal Film 01

Presentato in concorso alla 30° edizione del Torino Film Festival, Arthur Newman si potrebbe benissimo identificare, per forza di cose, come una versione indipendente del Fu Mattia Pascal di Pirandello.

La trama del resto lo ricorda parecchio. Al centro, infatti, c’è la storia di un uomo (Colin Firth) che, stanco della sua vita, decide (in questo caso autonomamente, senza che il destino ci metta del suo) di procurarsi una nuova identità, e di lasciarsi tutto alle spalle. Scelto il nome, Arthur Newman, l’uomo si imbarca in questa nuova avventura e durante questo percorso il suo destino si incrocia con quello di una ragazza (Emily Blunt), anche lei in fuga da una vita che le va troppo stretta.

A questa matrice di derivazione pirandelliana si aggiungono poi quegli elementi tipici delle storie “on the road”, che sfruttano l’elemento della “strana coppia” creando un connubio decisamente riuscito. L’esordio alla regia di Dante Ariola si presenta come una storia dalle tonalità leggere, ma la cosa non deve essere interpretata come una caratteristica negativa. Arthur Newman è infatti un film più che godibile, sorretto da una coppia bene affiatata e caratterizzato da una storia in grado di dosare in maniera efficace i toni della commedia e del dramma.

Emily Blunt è bravissima nel rendere la fragilità del suo personaggio. Al resto ci pensa Colin Firth, perfetto nel concretizzare la storia di una maturazione tardiva, che riprende i canoni classici del romanzo di formazione. Il suo Arthur Newman è un po’ il simbolo di ogni attore: si diverte ad interpretare mille ruoli, senza però dimenticare la sua vera natura.