Torino 2012 – 11,25, la recensione del film di Wakamatsu Koji

Torino 2012 – 11,25, la recensione del film di Wakamatsu Koji

Di emanuele.r

Scomparso poche settimane dopo la presentazione a Venezia del suo ultimo film (The Millennial Rapture), il maestro Wakamatsu Koji è stato empre un regista attenta all’atmosfera politica del suo paese, anche quando girava film erotici (pinku eiga). Il suo penultimo lavoro, 11.25 The Day Mishima Chose His Own Fate (presentato al festival di Cannes) racconta una realtà opposta a quella trattata nel precedente United Red Army, descrivendo anche gli ultimi anni di vita politica del grande scrittore Mishima Yukio.

Il 25 novembre 1970 un uomo si suicida all’interno del quartier generale del ministero della Difesa giapponese, pugnalandosi allo stomaco, come prevede il codice dei samurai. A immolarsi è il romanziere Mishima, uno degli intellettuali più conosciuti e apprezzati del Giappone. Attivista di destra e seguace dell’ideologia tradizionale nipponica, Mishima aveva creato un suo personale esercito, il Tatenokai, arruolando i membri tra le fila del movimento studentesco conservatore. E con quattro fedelissimi allievi si era barricato all’interno dell’edificio ministeriale, chiedendo ai militari di supportare la sua lotta per restaurare la società imperiale. Scritto da Wakamatsu con Kakegawa Masayuki, 11.25 The Day Mishima Chose His Own Fate è un dramma storico e politico che racconta il fallimento di un uomo e della sua visione del mondo.

Usando i materiali di repertorio come un documentario, il film racconta Mishima quasi esclusivamente dal punto di vista politico, concentrandosi sulla decina d’anni circa tra l’addio alla scrittura e la militanza nazionalista e conservatrice e mette in scena il tentativo preciso e serissimo, seppure non condivisibile, di costruire, anzi creare una realtà impossibile, di perseguire ideali già sconfitti dalla storia dalla storia e destinati al fallimento eppure visti dai personaggi come gli unici possibili, superando l’ottusità di quegli stessi valori, arrivando al paradosso di ritenere il capo che vuole lasciarli in vita come un traditore. Wakamatsu, che gira il film in digitale contraddicendo le regole del film in costume, mescola cura formale e praticità, e nella contrapposizione intrinseca a Mishima tra spada e intellettuale trova il nucleo stilistico del film.

Che si può capire alla luce di una frase ironica che il protagonista dice ai suoi seguaci in cammino verso il martirio: “Se questo fosse un film sulla yakuza, ora ci sarebbe una musica suggestiva”. E forse 11.25 The Day Mishima Chose His Own Fate è una sorta di yakuza movie, per il modo in cui gestisce intrighi e personaggi, per come esalta alcuni elementi della tradizione nipponica, per il finale rituale e atroce: Wakamatsu fa un film rigoroso, scabro nella messinscena, ma forse un po’ rigido per uno spettatore non abituato. Comunque, una testimonianza importante.

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