Una commedia corale con tanti attori famosi che in lunghi dialoghi di impianto teatrale ironizzano sulla crisi maschile e i rapporti di coppia. Se vengono in mente pasticci come l’accoppiata di Brizzi Maschi contro femmine e viceversa, ci si sbaglia: Una pistola en cada mano di Cesc Gay, film di chiusura del 7° Festival Internazionale del Film di Roma, è invece una piccola e gustosa commedia che mostra l’intelligenza e l’acume del regista di Krampack.
Il film mette in scena 8 uomini e le loro crisi sentimentali, affettivi, psicologiche o anagrafiche nel rapporto con donne che non riescono a capire e dalle quali non sanno farsi capire. Scritto dallo stessa Gay con Tomàs Aragay (non a caso, professionista teatrale), Una pistola en cada mano è una commedia corale, costruita su 5 scene più un epilogo, 5 divertenti dialoghi che raccontano con finezza ironica la mezza età e le sue conseguenze.
Temi come i tradimenti, le disfunzioni sessuali, ma anche le difficoltà psicologiche nel cominciare a fare i conti col tempo che passa diventano l’occasione per un saggio di leggerezza invidiabile, in cui si racconta, quasi si sviscera l’identità maschile con tutti i suoi limiti. Gay non ha paura di prendersi i suoi tempi e di “chiudere” lo sguardo dello spettatore una scena per volta, ma riesce a sfoderare un umorismo sempre più convincenti, evitando sempre l’effetto barzelletta dietro l’angolo.
Una sceneggiatura, soprattutto i dialoghi, sicura e precisa, una regia a orologeria nella gestione di tempi e toni della risata e soprattutto una squadra di 12 attori che praticamente è la nazionale degli attori di lingua spagnola: su tutti, Ricardo Darìn e Luis Tosar, protagonisti della scena migliore, Eduard Fernàndez e Leonor Watling. Applaudito e molto gradito, Una pistola en cada mano dimostra che la riuscita o meno di un certo tipo di commedia non dipende dal pubblico che si di fronte, ma dalla mano e dalle teste che si sono dietro.
Il festival di Roma sta finendo: per non perdere gli ultimi aggiornamenti, restate su Screenweek.