Luogo cardine di molto cinema e narrativa americana moderna, i motel sono i più disperati tra i “non-luoghi” in cui ambientare una storia. Forse è per questo i fratelli Polsky, Alan e Gabe, lo hanno scelto come luogo d’elezione per il loro primo film da registi (dopo alcune opere da produttori), The Motel Life, presentato come ultimo film in concorso del 7° festival internazionale del film di Roma.
Protagonisti del film sono, guarda caso, due fratelli, i Flanigan: uno senza una gamba per via di un’incidente da piccolo, l’altro che ha sempre dovuto provvedere a lui. Così come quando, dopo l’uccisione casuale di un bambino, devono scappare per non farsi prendere dalla polizia, passando da un motel all’altro. Riflettendo nel frattempo sulla loro vita. Scritto da Micah Fitzerman-Blue e Noah Harpster su un romanzo di Willy Vlautin, The Motel Life è un tipico dramma indipendente, fatto di personaggi emarginati e povertà, rimpianti e prospettive spesso interrotte.
Ambientato nel ’90, nei giorni dell’incontro storico tra Mike Tyson e lo sfidante Douglas, il film è una storia di piccola e flebile disperazione che pare costruita (nel film, ma probabilmente già dal romanzo) seguendo tutte le regole del manuale del perfetto indie americano: ambienti poveri, loschi, possibilmente squallidi, zone suburbane o di provincia, come Reno e dintorni nel Nevada, e scorci rurali, macchina a mano, musica alternativa di David Holmes, espiazione e redenzione immancabili, per mano di una bella e tenera ragazza. Depresso ma non troppo, per non scontentare il pubblico.
Cliché e stereotipi del cinema da Sundance che i Polsky catalogano con perizia prevedibile: eppure nel loro film, ci sono elementi che fanno pensare a una sincerità di fondo. Come i bellissimi inserti animati, che immaginano le storie che il fratello maggiore racconta al minore per tranquillizzarlo, o i toccanti personaggi tratteggiati con pochi elementi e che gli attori sanno rendere vivi, tanto i protagonisti Stephen Dorff ed Emile Hirsch, quanto i comprimari Elle Fanning e soprattutto un grande, invecchiatissimo Kris Kristofferson. Un compito scolastico, The Motel Life, ma che lascia intravedere schegge di talento.
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