Ancora una volta si esce dalla sala esclamando “Ma perché non l’abbiamo fatto noi?!”. Ancora una volta rapiti da uno splendido film francese in questo 2012 sempre più monopolizzato a livello europeo, a livello quantitativo ma soprattutto qualitativo, dal cinema d’oltralpe.
Questa volta si tratta addirittura di un’opera prima, esordio infatti alla regia in un lungometraggio per Régis Roinsard. Chi avrebbe mai scommesso che le gare di dattilografia sono (o meglio erano) così affascinanti ed appassionanti? L’autore francese è partito da questo stranissimo “sport”, così in voga e seguito negli anni ’50, e ci ha ricamato sopra una deliziosa commedia che ha convinto ed incantato il Festival di Roma, dove è stato presentato nella sezione Fuori Concorso.
Rose Pamphyle, 21enne figlia di un droghiere, parte per Lisieux in cerca di fortuna. Aspira a diventare segretaria, un lavoro sempre più di moda e ricercato, ma è imbranata e goffa. L’unica sua qualità innata è battere a macchina con grande velocità, anche se con sole due dite. Louis Echard decide di assumerla, ma non per le sue doti di segretaria: inizierà ad allenare il suo talento, per cercare di presentarla alle prestigiose gare di dattilografia con un unico scopo, diventare campionessa nazionale.
Con poche righe di trama sulla carta chi mai avrebbe investito ben 15 milioni di euro per realizzare una pellicola di questo tipo? Eppure i francesi l’hanno fatto e hanno dato fiducia all’esordiente Roinsard, che ci lavora ben dal 2004. Lavorando sodo ha raccolto frammenti di informazioni, immagini e video ricreando perfettamente il mondo di queste gare particolari. Pensate che negli USA si riempivano teatri e velodromi con tifo da stadio durante le finali (c’è ancora qualche raro video a dimostrarlo). L’impegno produttivo maggiore è stato certamente ricreare le atmosfere le scenografie degli anni ’50, un lavoro a dir poco eccellente. Ancor più di Pleasentville, film tra le fonti di ispirazione per Roinsard, Populaire è l’Argo degli anni ’50 in quanto a cura dei dettagli e ricostruzione perfetta di quel mondo.
Come dicevo prima, questa è però solo la base del film, che ha la sua forza in una storia (d’amore) lineare e semplice, ma mai banale, che offre spunti anche per indagare sulla condizione della donna nel 1958, ad un passo dall’inizio del processo di emancipazione. Il tutto è reso ancor più perfetto da un cast azzeccato. Abbiamo Déborah François (L’Enfant) nei convincenti panni della protagonista. C’è Romain Duris, visto lo scorso anno nella commedia di successo Il Truffacuori (titolo italiano atroce, ma 5 nomination ai César). Presente anche la candidata all’Oscar Bérénice Bejo, co-protagonista di The Artist qui in una piccola ma significativa parte.
Sì, si possono ancora realizzare bene e con grande attenzione e cura anche semplici commedie che non hanno pretese enormi, e Populaire ne è la prova. A prescindere dall’affascinante ambientazione degli anni ’50, è proprio la cura dei dettagli a convincere e la sensazione che si prova è di grande rispetto nei confronti di un pubblico pagante. Non si può non paragonarlo a prodotti nostrani che peccano, più che per il soggetto e la sceneggiatura, per una realizzazione frettolosa e trascurata.