Se alla recente mostra di Venezia Spring Breakers aveva fatto esultare molti cinefili (non chi scrive, anzi), dubitiamo che Marfa Girl di Larry Clark (ex “maestro” di Harmony Korine), in concorso al festival di Roma, potrà avere lo stesso peso, pur partendo da presupposti vicini, anzi porta quasi a rivalutare il film con James Franco.
Il film racconta le vite di un gruppo di ragazzi di Marfa, al confine con il Messico: musica, parole, canne e sesso, ma anche la presenza ingombrante e inquieta di un poliziotto. Scritto dallo stesso Clark, Marfa Girl è il tipico dramma del regista, anti-narrativo e desolato, giocato sulla formula “perversioni su sfondo povero con ragazze ammiccanti”, che vuole raccontare i ragazzi (rigorosamente minorenni) dentro una comunità stavolta più definita, come quella ispano-americana al confine.
Il film infatti assembla durante l’andamento apparentemente casuale dei suoi eventi i simboli dell’America, i suoi valori e li confronta con la spiritualità messicana, sia essa cattolica o sciamanica; fattore estraneo e disturbante, in un racconto che celebra la libertà sessuale soprattutto giovanile è l’autorità, incarnato da adulti e genitori e dai poliziotti. Questo impianto concettuale, purtroppo, è retto da un cinema vuoto, che il sesso come unico orizzonte culturale senza farne un adeguato veicolo cinematografico, che non cerca nemmeno di riflettere sul suo stesso vuoto.
Meno morboso e programmatico del solito, oseremmo dire quasi “maturo, Marfa Girl resta comunque un film che indispone, che non ha rispetto per lo spettatore proponendogli un piatto precotto che si crede sorprendente, in cui tutto risponde alla voglia di Clark di scioccare, ma anche all’assoluta mancanza di un vero sguardo, di una vera idea cinematografica che non sia stata superata dagli ultimi 20 anni, per non parlare della violenza assolutamente fasulla, banale, appiccicata a forza, sterile come il resto del film. E nonostante un monologo come quello sulla clitoride, le donne sono sempre e solo portatrici di vagina e quasi mai personaggi. Pessimo, soprattutto perché ci chi gli dà ancora credito.
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