Passato in sordina nell’oasi di Alice nella città, sezione parallela del festival di Roma, Kirikou et les hommes et les femmes è però una delle visioni migliori della prima tranche del festival, che va a chiudere una trilogia cominciata dal regista e animatore Michel Ocelot prima col capolavoro Kirikou e la strega Karabà e poi con Kirikou e le bestie selvagge.
In questo terzo film, Kirikou deve cominciare a crescere e affrontare tra magia e acume, i problemi quotidiani della vita di tutti i giorni, che nascondono sempre quel tocco di meraviglia che serve a una fiaba. Scritto da Ocelot con Bénédicte Galup, Cendrine Maubourguet e Susie Morgenstern, Kirikou et les hommes et les femmes è una favola, o meglio una raccolta di favole, che racconta a suo modo la crescita del piccolo protagonista, la maturazione anche dei temi del film, descrivendo con occhio comunque sognante la vita in un villaggio africano fuori dal tempo, o forse dentro il tempo.
Più che lo scontro col Male o il pericolo della morte, temi cardine di ogni fiaba, Ocelot si diverte a rileggere le prove della vita africana alla luce della loro cultura popolare, trasfigurando piccoli episodi in avventure mirabolanti, la musica nella più grande delle magie e, al contrario, riducendo la strega malvagia in una sorta di fastidiosa (e paradossalmente buffo) sindaco. Ma più che negli altri, ciò che emerge è il piacere e la potenza ancestrale del racconto, l’importanza salvifica della narrazione, tanto che la vera formazione di Kirikou non avviene diventando uomo, ma griot, ossia poeta e cantore che svolge il ruolo di conservare la tradizione orale degli antenati.
Ocelot ha sviluppato uno stile d’animazione magnetico che si è evoluto nel corso degli anni, sposando il disegno tradizionale delle popolazione africane con la computer grafica, la precisione etnografica del dettaglio e della ricostruzione con un disegno che esalta la capacità immaginativa degli spettatori (geniali in questo senso i feticci della strega). Un piccolo, brillantissimo e colorato gioiello che dà serenità e buonumore a livello endemico, che merita di essere diffuso e apprezzato.
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