Attenzione: l’articolo contiene spoiler.
La scorsa settimana, la quasi unanimità di fan e commentatori (e un record d’ascolti impressionante) ha salutato il ritorno di The Walking Dead con la sua 3^ stagione (qui il nostro commento) sottolineandone il grande livello emotivo e qualitativo. Dopo quel colpo di scena, il 2° episodio della stagione prosegue sull’ottima scia intrapresa e accentua la descrizione dei personaggi alle prese con un mondo, ai loro occhi, nuovo.
Il risveglio (Sick) vede i nostri alle prese con la gamba amputata di Hershel che perde moltissimo sangue e la scoperta che nel carcere sono rimasti dei prigionieri guidati da un certo Tomas. Accordarsi per quieto vivere o eliminarli?
Scritto da Nichole Beattie e diretto da Billy Gierhart, Il risveglio sposta tutta l’azione dentro il complesso carcerario, ma anziché diminuire come la location sembrerebbe richiedere, il tasso di orrore, violenza e dinamismo, lo lascia a livelli molto alti per affiancarvi interessanti riflessioni umane, cuore della serie e di questa stagione in particolare.
Fin dalla prima sequenza, quelle pre-sigla, si evince questo: Rick e soci lasciano i prigionieri con la gamba mozza di Hershel, evidente preludio a quanto accadrà in seguito. E tutto si basa proprio sul rapporto tra possibile guerra o convivenza, tra i due gruppi di sopravvissuti. Un incontro teso, aggravato in un certo senso dal dato che i prigionieri, rinchiusi in una mensa allo scoppio dell’epidemia, non sono a conoscenza dell’apocalisse che si è abbattuta sulla Terra e che porterà a un accordo: ripulire un intero blocco dagli zombi per lasciarli vivere in cambio di metà delle razioni.
Così il tema principale dell’episodio diventa la crescita, la consapevolezza, l’indirizzo degli istinti per un più giusto fine: il gruppo che addestra i prigionieri su come si uccidono i non morti, Carl che si crede ormai un bambino soldato e perde di vista il suo essere figlio (il giorno che lo picchieranno come si deve sarà sempre troppo tardi), Maggie e Beth che devono prepararsi a dire addio al padre, in fin di vita (ma si riprenderà). E questi istinti prendono il soprassalto dopo che, parlando con Lori, Rick riflette sul possibile “sterminio” dei prigionieri, che avviene dopo un assalto di un gruppo di zombi.
Dopo un incidente ambiguo che mette Rick in fin di vita, lo sceriffo guarda negli occhi Tomas e, dicendogli “Shit happens” (una versione più volgare di “cose che capitano”), gli pianta un machete in testa, sterminando i prigionieri e rinchiudendo gli unici due inoffensivi nel blocco ripulito, ma pieno di cadaveri. Grande scena e decisione fondamentale che, seppur legittima, mette in dubbio l’umanità di Rick riportando il discorso al concetto di coscienza alla base del discorso della serie: cosa è legittimo fare per salvare sé stessi e la propria comunità?
Sceneggiatura inappuntabile sia dal punto di vista dell’intreccio sia da quello dei contenuti e una regia sempre più sicura, piena di azione, effetti speciali e tensione come si richiede a un prodotto del genere (il top dell’episodio: lo zombie che per liberarsi dalle manette si trancia una mano): forse The Walking Dead ha raggiunto la quadratura del cerchio?
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