Archivio Ultime News Interviste

Io e Te – Incontro col maestro Bernardo Bertolucci.

Pubblicato il 19 ottobre 2012 di laura.c

Io e Te Bernardo Bertolucci foto dal set 2

Applaudito al Festival di Cannes, sta per arrivare nelle sale il Io e Te, il film tratto dall’omonimo romanzo di  Niccolò Ammaniti che segna il ritorno dietro alla macchina da presa del maestro Bernardo Bertolucci. Un ritorno che si nutre di una storia intima, semplice, ma che il grande regista ha saputo rendere forte e toccante, dotata di quell’intensità non gridata ma discreta, sempre più difficile da trovare nel cinema. Protagonisti del film, i giovani esordienti  Jacopo Olmo AntinoriTea Falco, impegnati nel ruolo di Lorenzo e Olivia: due fratellastri che, per una coincidenza non prevista, si trovano a trascorrere insieme una settimana rifugiati in uno scantinato. Lui per nascondersi dalle ansie della madre che lo crede in vacanza con la scuola, lei per disintossicarsi. Bernardo Bertolucci ce ne ha parlato a Roma, in occasione dell’incontro  con la stampa per presentare il film, in uscita nei nostri cinema a partire da giovedì 25 ottobre, con circa 300 copie.

Maestro, c’è una frase di Lorenzo all’inizio del film, in cui dice “normale significa normale, cioè niente”. Vuole essere una denuncia della condizione degli adolescenti di oggi?

Senza dubbio nel film Jacopo è un adolescente di oggi, ma per me questo personaggio è stata soprattutto una riscoperta. Sono stato fuori dal campo per un po’, così quando ho scelto Jacopo abbiamo parlato a lungo ed è stato istruttivo: non so davvero da quanto tempo era che non parlavo con un 14enne.

Come avete lavorato all’adattamento del libro di Ammaniti?

Era molto difficile da elaborare come sceneggiatura. Quando Niccolò mi ha dato il libro, ho capito subito che volevo farne un film perché mi piaceva tutto, tranne il finale. Non ero d’accordo che il personaggio di Olivia, solo perché tossicodipendente, andasse incontro a una fine tragica. Mi sembrava scontato e moralistico. Il film così ha preso un’altra strada ed è diventato un film che parla di liberazione. Vorrei che anche il pubblico lo sentisse, che percepisse il senso liberatorio del processo che avviene in questi sette giorni in cantina, dove Lorenzo è interrotto brutalmente nella sua perfetta solitudine, creata ad arte, dall’arrivo di Olivia. Di questa ragazza imponente, avvolta in una pelliccia nera, un po’ tra King Kong e Marlene Dietrich. Lì Lorenzo deve accettare che sta incontrando qualcuno che non voleva, l’altro da sé, e questo altro lo costringe ad avere una prima esperienza di vita, è come un’iniziazione. Spero che alla fine, quando i due ragazzi escono dalla cantina, il pubblico senta proprio qualcosa di liberatorio, in questa strada vuota, via Lima, quasi deserta dell’alba. Anche se in effetti è stano che due miei personaggi si liberino così, nel bel mezzo dei Parioli.

I luoghi chiusi ricorrono in diversi suoi film. In questo caso, però, l’ambientazione sembra assumere un significato particolare anche per lei.

Sì, anche nella vita è da un po’ di tempo che sono chiuso in casa mia, diciamo autorecluso. Col film sono uscito ed è stato molto importante, perché non è stato solo ricominciare a fare film ma anche ricominciare a vivere. Certo, non è la prima volta che ricorro ad ambienti molto chiusi, era già successo con Ultimo tango a Parigi, L’assedio, The Dreamers: evidentemente c’è qualcosa che mi rassicura. Vediamo se, come i personaggi, dopo questo film riuscirò anch’io ad ampliare i miei orizzonti.

Ha già altri progetti?

Di sicuro ci ho preso gusto, girare si è rivelato per me come una terapia, quindi temo che vi toccherà vedere presto qualcos’altro. Ma non ne voglio parlare ora, anche perché i miei film sono sempre in divenire, lascio che siano arricchiti dalla realtà che mi trovo attorno. Com’è successo con Tea Falco: quando ho visto lei, le sue foto, il suo percorso, ho visto anche il personaggio di Olivia prendere vita. Ho capito che con lei arrivava la realtà, non solo per la magnifica cascata di capelli biondi che fa cadere su Jacopo al loro incontro, ma anche perché è sofisticata ma parla con marcato accento siciliano ed è piena di contrasti, che secondo me sono quelli che danno un senso di vita.

Sappiamo che ha girato il film a Trastevere, non lontano dalla sua abitazione.

Sì sono stato molto fortunato da questo punto di vista. Abbiamo trovato degli studi perfetti che non distavano più di 10 minuti da casa mia. Mi rendo conto, però, che con la mia sedia elettrica, a Trastevere, sono circondato da un percorso di guerra. Qualcuno ha detto che il centro di Roma è come la città proibita, ma purtroppo questo non fa di me un imperatore. Recentemente sono stato risvegliato al diritto e al dovere di denunciare queste situazioni. Non mi piace lamentarmi ma mi rendo conto di avere una responsabilità, perché la mia voce può arrivare più lontano di quella di altri. E infatti dopo le mie dichiarazioni è arrivata una risposta del sindaco di Roma, su YouTube, che trovo patetica.

Una grande importanza nel film è rivestita dalle musiche, sia dallo score che dalle canzoni.

La scelta dei brani praticamente l’ha fatta Jacopo. I ragazzi sentono tantissima musica, ne volevo scegliere una che sembrasse vera. Sapevo però che ci sarebbe stata “Ragazzo solo, ragazza sola” di David Bowie con testo di Mogol. Quando ho rispolverato il 45 giri, una copia rarissima, mi sono accorto di quanto si adattasse a questa storia e alla scena del ballo di Lorenzo e Olivia. I balli nei miei film sono sempre molto importanti, soprattutto perché nelle sequenze musicali ci si può liberare da molti obblighi di racconto. A Piersanti, per la musica che precede l’ingresso nella cantina, ho suggerito invece un quartetto d’archi. Pensavo alla casa di Lorenzo, a sua madre, donna fredda ma complessa. Lui mi ha portato questi violini che vanno oltre, graffiano e feriscono, e mi sono piaciuti moltissimo.

Come si sente a far uscire il film in un momento così difficile per il cinema italiano?

Quando faccio un film non mi capita mai di pensare se il pubblico andrà o non andrà a vederlo. In un certo senso mi scordo che c’è un pubblico, e forse questa è la mia arma segreta rispetto ad altri cineasti che in questi anni fanno film disperati dall’assenza di disperazione. Io seguo le mie pulsazioni, il mio battito, comprese le aritmie, a chi comincia consiglio sempre “fate qualcosa che sia organico a voi”. Certo uscire dopo che, da settembre, anche i film italiani più interessanti e originali sono stati puniti dal pubblico, provoca una certa ansia. Speriamo di riuscire a invertire questa tendenza per cui la gente non va più tanto al cinema.

Il suo film dimostra anche che è possibile il miracolo di un bel cinema low budget.

Ma chi l’ha detto che è impossibile? Comunque io credo ai miracoli, ma non credo che siano qualcosa che avviene al di fuori di noi.

Io e Te uscirà il 25 ottobre distribuito da Medusa Film.