Proseguiamo il nostro viaggio che ci accompagnerà fino all’arrivo in sala di Code Name: Geronimo, pellicola che parla della caccia all’uomo più ricercato di tutti i tempi, Osama Bin Laden, e che sarà presentata in anteprima al Lucca Movie Comics & Games.
L’uscita del film, diretto da John Stockwell (regista di Turistas), è prevista per l’8 novembre. Fino a quel giorno vi terremo compagnia con una serie di articoli che affronteranno diversi aspetti di questo progetto, alternati a degli approfondimenti su alcune pellicole che, in un modo o nell’altro, presentano tematiche simili.
Oggi dedichiamo un po’ di spazio ad un film che, partendo dagli attentati dell’11 settembre 2001, ha messo in discussione le politiche dell’allora presidente degli Stati Uniti George W. Bush, suscitando non poche polemiche. Stiamo ovviamente parlando di Fahrenheit 9/11.
Nel 2004, anno della sua uscita, Fahrenheit 9/11 divenne un vero e proprio caso mediatico. Era il film sulla bocca di tutti che, come nella migliore tradizione, ne parlavano anche senza averlo visto. Accusato di essere fazioso e di alterare la realtà a suo vantaggio, il regista Michael Moore, che aveva già vinto un Oscar con il documentario Bowling a Columbine, si era ritrovato ad essere l’uomo del momento, sdoganando un genere, il documentario, che prima di allora non aveva ottenuto un così grande riscontro di pubblico.
Perché così tanto clamore? Semplice: il film mette in luce dei possibili collegamenti tra la famiglia Bush e quella di Bin Laden, ipotizzando che le campagne militari in Afghanistan e Iraq, nate come risposta agli attentati alle Torri Gemelle, fossero state in realtà motivate da strumentalizzazioni politiche. Un messaggio bello forte insomma, capace di far tremare la stessa casa produttrice del film, la Walt Disney Company, che fino all’ultimo momento si è dimostrata indecisa sulla sua uscita nelle sale americane.
Polemiche a parte, Fahrenheit 9/11 si è dimostrato uno straordinario successo ed è riuscito a vincere diversi premi, tra cui la Palma d’oro al Festival di Cannes e ben 4 Razzie Awards, andati a George W. Bush (Peggiore Attore Protagonista); Donald Rumsfeld (Peggiore Attore Non Protagonista) Britney Spears (che appare solo in breve frammento, quanto basta per darle il premio come Peggiore Attrice Non Protagonista); e Condoleezza Rice e George W. Bush (Peggior Coppia).
Rivisto oggi e con il senno di poi, questo film riesce ancora a fare la sua figura. Merito sicuramente dello stile di Michael Moore, che con le sue pellicole riesce a rendere leggere anche le cose più difficili da accettare, facendoci sorridere e, allo stesso tempo, riflettere.
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