Uno dopo 8 anni di dottor House, l’altro dopo più di 20 di poliziotti e avvocati in Law & Order. Jesse Spencer e Dick Wolf si sono conosciuti professionalmente adesso, grazie a NBC e a Chicago Fire, nuovo “trauma-drama” in onda sul network del pavone che però non ha convinto né pubblico né critica.
Protagonisti della serie sono un gruppo di vigili del fuoco di Chicago, che devono affrontare i problemi del lavoro e della loro vita privata dopo la perdita in servizio di uno di loro per un errore di valutazione.
Creato da Michael Brandt e Derek Haas, che ne scrivono il pilot diretto da Jeffrey Nachmanoff, Chicago Fire è un drama “catastrofico” sulla scia di Fuoco assassino o di altre serie anni ’90 nate dopo E.R. che nel raccontare storie già viste e sentite si muove tra ambizioni realistiche e pretese spettacolari.
La formula è quella di molte serie con protagonisti paramedici, infermieri o altro genere di soccorsi: casi più o meno roboanti e drammatici, affrontati sempre sul filo del rasoio, drammi personali che fanno capolino e soprattutto i rapporti interpersonali tra colleghi e le loro vite private. Il vero problema e che a Chicago Fire manca un qualche elemento di interesse che non siano i belli e bravi attori.
Per colpa soprattutto di una sceneggiatura che inanella le situazione tese una dietro l’altra senza alcun senso della suspense, magari spendendo qualche soldo in più della media in effetti speciali, e lasciando il cuore dell’episodio a personaggi e situazioni di cui non interessa molto. E la chiusura con Blood Borthers di Bruce Springsteen, con tutta la squadra unita in ospedale, occhieggia a Rescue Me, di cui questa variante mainstream non ha la metà del valore.
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