Chiunque si definisce un amante del cinema, difficilmente non deve parte di questa passione ai film di Woody Allen, che siano le sue commedie grottesche o la messa in scene delle nevrosi della borghesia intellettuale newyorkese, oppure ancora une delle sue produzioni recenti, dislocata in qualche capitale europea. Se c’è qualcosa di cui non si può proprio accusare questo regista, infatti, è di non aver dato vita a una filmografia assolutamente multiforme, seppur all’interno di una riconoscibilità e di un tocco speciale che lo distingue sempre come autore. L’obiettivo del documentario Woody – Tutto quello che avreste voluto sapere su Woody Allen ma non avete mai osato chiedere, di Robert B. Weide, è perciò quello di descrivere la complessità non solo del regista ma anche dell’uomo Woody Allen, dagli inizi come scrittore di storielle divertenti per i giornali newyorkesi a insicuro cabarettista nei locali effervescenti di una città in preda all’esplosione degli anni ’60, fino al filmmaker che tutti conosciamo in maniera più o meno approfondita.
In realtà, la formula scelta da Weide per il suo documentario non sembra nulla di eccezionale: ci sono interviste ad Allen, più interviste a collaboratori, familiari e conoscenti, più spezzoni di film e immagini di repertorio, usate soprattutto per descrivere lo splendore della New York che fu. Il film però non ne risente troppo in quanto a ritmo e capacità di coinvolgimento dello spettatore, e ciò si deve, come ovvio, all’ironia e al sarcasmo tagliente del protagonista, che riesce a rendere esilarante qualsiasi discorso esca dalle sue labbra, perfino il più serio. Per gli amanti del regista, insomma, sarà bello ripercorrere la sua carriera artistica, godendosi magari spezzoni meno conosciuti di show televisivi, le scene più divertenti o significative dei suoi film, o magari qualche retroscena divertente dai sontuosi red carpet del Festival di Cannes.
Ciò che invece convince molto meno è il livello di approfondimento di un’opera che appare in primo luogo celebrativa, e tende perciò a concentrarsi soprattutto sui successi e le vecchie glorie del regista, piuttosto che su alcuni clamorosi insuccessi di pubblico (eccezione fatta per il bel ritratto di Stardust Memories), sui dubbi che in molti, a partire dallo stesso Allen, nutrono sui suoi film più recenti. “Sono decenni che non faccio un capolavoro”, accenna senza mezzi termini all’inizio del documentario il regista, ma tale affermazione sembra cadere del nulla, in un excursus divertente ma del tutto non problematico, dove la crisi creativa, o perlomeno il cambiamento radicale di registro e stile del filmmaker, passano inosservati rispetto ad altri fattori come il successo al box office di Midnight in Paris. È anche possibile che parte dell’approssimazione sia dovuta ai tagli operati alla versione italiana del film, che dura circa 2 ore contro le 3 originali. A parte questo dato, rimane comunque evidente la volontà di Woody – Tutto quello che avreste voluto sapere su Woody Allen ma non avete mai osato chiedere, di lasciare fuori molte zone d’ombra della carriera e della vita privata del regista, rendendo così l’operazione molto meno interessante. Poco anche lo spazio concesso al Woody Allen clarinettista e amante del jazz.
Woody è nelle nostre sale dal 21 settembre, distribuito da BIM. Tra le tante personalità che compaiono nel doc, anche Josh Brolin, Penélope Cruz, John Cusack, Larry David, Sean Penn, Mariel Hemingway, Scarlett Johansson, Diane Keaton e Owen Wilson.