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Venezia 69: Disconnect, la recensione in anteprima

Pubblicato il 06 settembre 2012 di emanuele.r

Da quando 20 anni fa l’invenzione di internet cambiò per sempre la comunicazione sono state molte le opere di varia natura che ne raccontavano l’essenza e i limiti. Ora che il mezzo è cambiato tramite la connessione continua e totale dei social media e dei social network, il regista Henry Alex Rubin – candidato all’oscar per il documentario Murderball – approda al cinema di finzione (e al Lido, fuori concorso) con Disconnect, dramma corale che sulle trappole della “condivisione” perenne punta il dito.

Varie storie a comporre un ritratto corale: una coppia devastata dalla perdita del figlio si ritrova nei guai quando il loro conto viene clonato; una giornalista mette nei guai un giovane prostituto per realizzare uno scoop; un ragazzino tenta d’impiccarsi quando una finta relazione virtuale viene a galla; due ragazzini compiono un terribile scherzo on line e ne devono pagare le conseguenze. Andrew Stern scrive una sceneggiatura a incastri, ispirandosi evidentemente al Crash di Haggis, per raccontare l’impossibilità comunicativa in un mondo in cui la comunicazione è onnipresente.

Proprio ciò che faceva Crash, sostituendo però al “contatto fisico” quello virtuale di Facebook e YouTube, quello che porta ognuno di noi a eliminare ogni tipo di privacy per poter mostrare al mondo di esserci con opinioni e immagini, ma anche dati sensibili e affetti privati: e così le chat, i falsi profili, i video diffusi e condivisi, la sessualità vissuta tramite webcam diventano i nodi di una società che ha bisogno di disconnettersi per non soccombere. Sorge però un dubbio non di poco conto: è internet a non essere cambiato in 20 anni o i film che lo raccontano dicono sempre le stesse cose e si basano sugli stessi meccanismi? E nel caso di cambiamenti, perché nessuno pare coglierli fino in fondo, almeno a livello mainstream?

Su questi limiti però, Disconnect (che sarà distribuito da Filmauro) resta un film tutto sommato discreto, dalla buona scrittura dei personaggi a una conduzione del racconto intrigante che la regia sa sfruttare per coinvolgere lo spettatore in una sceneggiatura troppo programmatica, senza sfumature e quasi educativa nel finale, ma che mostra anche un senso del “thrilling” (in senso lato) piuttosto interessante. Nel variopinto cast emergono Alexander Skarsgaard e un Jason Bateman sempre più bravo.

Anche quest’anno ScreenWeek.it è in Laguna e seguirà da vicino la 69° edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Cliccate sul riquadro sottostante per leggere tutte le news dal Festival e le recensioni. Seguiteci inoltre su Twitter e Instagram grazie alla tag #Venezia69SW.