ATTENZIONE: la recensione contiene SPOILER SULLA TRAMA E IL FINALE del film
Dopo un’attesa infinita Prometheus sbarca finalmente nelle sale italiane. Si tratta dell’atteso ritorno alla fantascienza di Ridley Scott, che a fine anni ’70 ci regalò un capolavoro assoluto che non dimostra alcun segno del tempo: Alien. Con questo film prova a scavare e approfondire ulteriormente la mitologia della saga, già ampliata con i tre sequel, arricchendola in modo esplicito con ambiziose tematiche che nei precedenti capitoli erano state trattate in modo più sottile e sfumato.
Già dal bellissimo prologo comprendiamo facilmente che gli obiettivi sono elevati: panoramiche aeree su terre desolate (girate in Islanda) che terminano con l’inquadratura di un Ingegnere (visto di spalle nel primo trailer sul margine della cascata), un alieno proveniente da un lontano pianeta che si sacrifica autodistruggendo il suo corpo, e dando vita alla creazione delle forme biologiche sul nostro pianeta. Da dove veniamo? Chi ci ha creato? Scott, insieme alla volpe Damon Lindelof (Lost) e Jon Spaiths, sembra averci risposto nei primi tre minuti del kolossal. Per rispondere alla terza domanda (Perché ci hanno creato?) serviranno altri 120 minuti allo scadere dei quali ci verrà prima risposto “Cambia qualcosa saperlo?“, per poi proporci un epilogo che rimanda all’inevitabile sequel. Sì, perché Prometheus non è il vero prequel di Alien (come regista e sceneggiatori hanno costantemente ripetuto negli scorsi due anni), ma lo sarà solo la prossima pellicola ponte, che incrociamo le dita venga realizzata: peccato venirlo sapere solo alla fine, con le tutte le conseguenze del caso.
Se da questo punto di vista Prometheus può essere considerato una delusione, almeno rispetto alle (mie) elevate aspettative della vigilia, il film è però un graditissimo ritorno ad una fantascienza pura come non si vedeva da molto tempo. Una gioia per gli occhi (e non solo) di tutti gli appassionati del genere, che un Ridley Scott in perfetta forma ci propone divertendoci non poco. Set incredibili, effetti visivi stupefacenti e perfettamente integrati. Tante le finezze di regia e montaggio, e apprezzabili i dettagli che troppe volte nei film sci-fi sono stati ignorati o dimenticati: le variazioni della gravità artificiale sulla nave (anche solo le bottiglie sulla tavola mentre fanno colazione che si muovono leggermente perché la nava sta rallentando), un criosonno logico nei tempi e nei modi, il rispetto delle proporzioni nelle inquadrature della nave rispetto ai pianeti, e moltissime altre.
Caldamente consigliata la visione 3D. Negli Stati Uniti avevo avuto modo a luglio di vederla in due dimensioni, e con la proiezione di oggi mi sono reso conto che in questo caso la terza dimensione aggiunge moltissimo. Si tratta di un’esperienza visiva che Ridley Scott ha progettato in ogni minimo dettaglio, e che grazie agli ologrammi tridimensionali, alle visiere dei caschi, alle capsule di vetro, alla profondità dei tunnel ci coinvolge pienamente (il miglior 3D nativo del 2012). C’è per esempio la scena del sogno iniziale della protagonista con il padre, che David sta “spiando”, che nel formato 3D è composta da pixel disposti ad ondate di varia profondità, qualcosa che nella visione in due dimensioni si perde completamente, così come gli ologrammi ricordo degli Ingegneri nei tunnel dell’astronave.
Lo stupefacente aspetto visivo e l’impronta di puro sci-fi riescono però a far virare la pellicola verso il capolavoro che ci si poteva aspettare? Purtroppo no, anche a causa di personaggi tratteggiati che possiamo dividere in due gruppi: quelli detestabili che non vedi l’ora che muoiano (come il geologo e il biologo, Sean Harris e Rafe Spall, antipatici sin dal risveglio) e quelli che ti stanno simpatici e che finiscono per morire lo stesso (Idris Elba su tutti). Noomi Rapace e Logan Marshall Green non sono riusciti a convincermi del tutto, mentre Michael Fassbender svetta sul gruppo di ben 17 elementi (Alien ne aveva meno della metà), anche se meriterebbe un capitolo a parte vista la stramberia del comportamento del suo personaggio.
Tanti, troppi i gesti poco giustificabili o semplicemente stupidi seminati nella pellicola: eccone alcuni che mi hanno colpito. Responsabile della sicurezza della spedizione “Sono qui per per proteggervi!“, risponde la Shaw “No, siamo una spedizione scientifica, non portare l’arma.” e lui “Ok, allora non la porto” ma entra lo stesso insieme a loro nell’astronave aliena esponendoli ad un rischio enorme. “Non toccate niente e attenti a tutto” e dopo due minuti “Ok, togliamoci i caschi!“. Il detestabile biologo, superscettico all’inizio della missione, scopre effettivamente che gli alieni esistono ma decide di ritornare indietro perché impaurito e svogliato: finirà perso nell’astronave finendo per ingoiare il serpente alieno con il quale si era messo a giocare. “Questa è la famosissima capsula medica in grado di fare operazioni chirurgiche in modo automatico, compresi interventi di chirurgia addominale e/o aborti alieni?” chiede la Shaw, e Damon Lindelof le risponde “Secondo te chi ci finirà dentro tra un’oretta?“.
Sdrammatizziamo un po’ con il senso di amaro in bocca, proprio perché le potenzialità del film erano enormi e non sono state completamente sfruttate. Ottimo infatti il lavoro fatto sullo sviluppo della mitologia di Alien e tanti i riferimenti che i fan apprezzeranno. Ci troviamo sul pianeta LV-233, che non si trova lontano da LV-426 (sede delle prime due pellicole). Gli Ingegneri lo hanno reso parzialmente abitabile con un processo di Terraforming, proprio come quelli per i quali è specializzata la Weyland, in modo da poter sviluppare il loro vero e proprio arsenale biologico: armi di distruzione di massa formate da esseri con un genoma altamente mutevole, e pronti a trasformarsi da innocui vermetti a xenomorfi dopo vari passaggi (ne abbiamo visti solo alcuni, tra i quali un mega-facehugger). Il famoso Space Jockey di Alien non è altro che uno degli Ingegneri con indosso la propria “tuta da astronauta” e la ricostruzione della sala e della partenza dell’astronave ciambella è fortemente iconica: attenzione, non si tratta però dello “stesso” Space Jockey, perché appunto non ci troviamo su LV-426 (la Shaw fugge insieme a David probabilmente verso quel pianeta con un’altra astronave). Con queste premesse le aspettative sul sequel, che sarà quindi il vero prequel di Alien, sono tornate necessariamente a livelli di allarme.
Promosso o bocciato? Da grande fan della saga di Alien promuovo Prometheus con tirata di orecchie. Si poteva e si doveva fare meglio, ma si tratta di una pellicola da rivedere volentieri e da aggiungere senza dubbio alla propria videoteca sci-fi. Una cosa in particolare non perdonerò mai al team Scott: i full trailer hanno mostrato tutto della pellicola, davvero troppo, rovinando momenti chiave e rendendo prevedibili molte sequenze. Era davvero necessario?
Voto: 6.5
Prometheus farà il suo ingresso nelle sale italiane domani, 14 settembre 2012. Per maggiori informazioni potete consultare le nostre News dal Blog.