La giornata si è aperta con la tristissima notizia della morte di Tony Scott, regista con trent’anni di carriera sulle spalle e purtroppo da molti indicato solo come “fratello di Ridley”.
No, Tony Scott non era solo il fratello di Ridley, con il quale aveva aperto al casa di produzione Scott Free e prodotto numerose pellicole e serie tv negli anni (mi vengono in mente Numbers ma anche I Pilastri della Terra). Era un regista che aveva una sua idea ben chiara del cinema, in particolare di quello d’azione, una forte e ben precisa identità che ha consolidato e perfezionato nel corso degli anni.
Non si è cimentato con vari generi cinematografici come hanno fatto altri, compreso il fratello, ma ha preferito concentrarsi su un filone sempre più specifico dal quale raramente si è allontanato. Ci ha proposto film pieni d’azione (commedie ma soprattutto thriller), con uno stile visivo, un tipo di montaggio ed un eroico protagonista che rendono riconoscibili a prima vista le sue opere, senza tuttavia ripetersi mai o annoiare.
Dopo il film d’esordio, il particolare Miriam si Sveglia a Mezzanotte del 1983 (film su vampiri con Catherine Deneuve quando ancora non erano di moda), arriva il successo di una vita: Top Gun, pellicola che segna l’inizio del sodalizio artistico con il produttore Jerry Bruckheimer e che lo lancerà nell’olimpo dei registi a prescindere dalla famiglia di provenienza. Il film con Tom Cruise incassò quasi 400 milioni di dollari attuali solo negli USA, e Scott fu apprezzato e lodato per le adrenaliniche scene di combattimento con i caccia.
Il regista continua proprio su questa strada ereditando il secondo capitolo di Beverly Hills Cop con Eddie Murphy, superstar assoluta degli anni ’80, ma anche Revenge con Kevin Costner e Giorni di Tuono, pellicola che lo porta a collaborare nuovamente con Tom Cruise e non è un caso che sia stata spesso definita come il “Top Gun con le auto” visto che si parlava in questo caso di macchine da corsa: altro grande successo di pubblico (un po’ meno di critica).
Tra le tante action star, il regista ha potuto lavorare anche insieme a Bruce Willis ne L’Ultimo Boy Scout, godibilissimo film d’azione che avrebbe meritato di più. È però con Allarme Rosso che il regista torna al successo stratosferico: pellicola claustrofobica e tesissima, che segna la prima di numerose collaborazioni con Denzel Washington, attore feticcio di Scott in particolare negli anni 2000.
Prima del thriller sottomarino, non possiamo non ricordare Una Vita al Massimo, dramma pulp scritto proprio da Quentin Tarantino nel suo periodo d’oro, la prima metà degli anni ’90, che si concluse poi con l’acclamato Pulp Fiction. Scott seppe tradurre perfettamente sul grande schermo il pensiero di Tarantino, e nonostante sia stato un forte insuccesso di pubblico (recuperato parzialmente con i passaggi televisivi), in molti lo ricordano come uno dei migliori film del regista.
Dopo il dimenticabile The Fan con Robert DeNiro e Wesley Snipes, Scott inaugura la seconda parte della sua carriera, quella dedicata unicamente a thriller ad alto tasso d’azione sempre più focalizzati, sempre più precisi e anche autoreferenziali. Pellicole molto amate, che l’hanno fatto conoscere alla nuova generazione e per il quale verrà maggiormente ricordato.
Si inizia con Nemico Pubblico, grande successo del 1998 con un Will Smith pronto a decollare. L’arrivo dei telefoni cellulari e di tecnologie fino a quel momento sconosciute al grande pubblico, fu motivo di riflessione anche tra gli spettatori: siamo tutti rintracciabili in pochi secondi? Potrà esistere ancora il concetto di privacy? Le zoomate via satellite sul protagonista e le riprese multiscreen le ricordiamo volentieri ancora oggi, un thriller inquietante e convincente.
Nel 2001 esce invece Spy Game, da molti considerato come l’apice della carriera di Scott. Brad Pitt, Robert Redford, una linea narrativa discontinua, una pellicola sorprendente fino all’ultimo minuto. Il regista torna poi a collaborare con Denzel Washington, suo protagonista ed eroe per ben quattro pellicole su cinque: Man of Fire, Deja Vù, Pelham 123 e Unstoppable. Quattro pellicole con molti punti in comune, un protagonista che si ritrova a dover dimostrare il suo coraggio inaspettatamente, rombanti ed assordanti scene d’azione, il lieto fine dal sapore agro-dolce.
Sotto la falsa cortina di una storia semplicissima (treno in corsa che non si può fermare!) è proprio quest’ultima pellicola che ricordo volentieri. L’alchimia tra Washington e il giovane Chris Pine (praticamente la sua versione bianca), la purezza dell’eroe, la complessità di un film girato con i treni, il rumore assordante e divertente in sala. Senza dubbio la perla finale di una brillante carriera che avremmo tutti voluto durasse ancora per molti anni…
Ciao Tony, ci mancherai.