La guerra è dichiarata – la recensione in anteprima.

La guerra è dichiarata – la recensione in anteprima.

Di laura.c

Raccontare un episodio drammatico della propria vita senza dramma. Usare l’umorismo senza commedia, e prendere in prestito uno schema tragico evitando però accuratamente di mettere in scena la tragedia. C’è una contraddizione alla base del film La guerra è dichiarata, in cui la regista e interprete Valérie Donzelli ripercorre una vicenda fortemente autobiografica e sconvolgente come la malattia di suo figlio, cui fu diagnosticato un cancro al cervello all’età di appena 18 mesi. Un’esperienza destinata a segnare per sempre la vita dell’autrice e della sua famiglia, ma che la regista ha voluto trasporre sul grande schermo mettendone in luce i lati postivi: l’amore e il sostegno dei congiunti, il valore dei medici, l’assistenza all’interno degli ospedali pubblici, ma più di ogni altra cosa la capacità di una giovane coppia di farsi forza e combattere il dolore continuando a sorridere alla vita, senza incappare nel tranello della disperazione.

Quello scelto dalla giovane autrice francese, è perciò un punto di vista assolutamente peculiare: a differenza dei film che in genere trattano questo tipo di tematica, il punto focale non sono infatti la malattia e il malato. Complice forse la tenera età del bambino, troppo piccolo per esprimere la propria condizione, Valérie Donzelli ha preferito esplorare le conseguenze che un evento così drammatico può avere su due amanti all’apice del proprio vigore e della propria giovinezza. Quello che viene mostrato è un brusco faccia a faccia con la prospettiva della morte, a cui i due si rifiutano però di soccombere cercando di mantenere autoironia e umorismo anche nei momenti più dolorosi, per non far risucchiare dalla malattia le loro rispettive identità. Tanto che nel corso del film abbondano scene conviviali, musica pop, sigarette, ubriacature e tutto quanto ci si aspetterebbe di vedere in qualsiasi altro lavoro dedicato ai giovani adulti di oggi.

 

A conti fatti, questo desiderio di evitare il confronto con il dolore e con il dramma, sembra però anche un grosso limite per il film. A parte l’idea un po’ superficiale di prendere spunto dall’inizio del conflitto iracheno per legare la storia personale della coppia a quella più ampia del genere umano (che però rimane relegata nel titolo), La guerra è dichiarata appare come il tentativo di rielaborare un trauma in modo autocelebrativo.  A dominare l’atmosfera (indefinibile) del racconto, c’è senza dubbio la gioia per la tragedia scampata, ma senza alcuna presa di coscienza più profonda rispetto a quell’enorme rimozione collettiva che domina la nostra vita quotidiana, cioè la possibilità della morte, la vulnerabilità, la fugacità dell’esistenza umana. La “bulimia” autobiografica dell’opera arriva a includere anche l’ex-compagno della Donzelli, Jérémie Elkaïm, in qualità di cosceneggiatore e coprotagonista del film, portando sullo schermo un teatrino davvero sconcertante di autorappresentazione del sé, in cui i personaggi prendono addirittura i nomi di Romeo e Juliette. Ma quelli di Shakespeare erano due eroi tragici: quelli del film, invece, non solo hanno la fortuna di non dover affrontare fino in fondo la tragedia, ma sono figure ben specifiche e talmente contestualizzate che la loro pretesa di universalità arriva a sfiorare il ridicolo. Oltre ad apparire piuttosto miope (e poco rispettosa) nei confronti di tutte quelle storie, e sono proprio tante, a cui non è concesso il lieto fine.

 

Più in generale, dato il grande apprezzamento ricevuto dal film a partire dalla sua presentazione alla Semaine de la Critique al Festival di Cannes 2011, è bene ricordare che esistono sfumature tra il patetismo e il patos che La guerra è dichiarata non si sogna neanche di esplorare. E che il cinema è un mezzo espressivo, non una seduta terapeutica.

Il film esce oggi nelle sale italiane. Cliccate sulla scheda in basso per ulteriori informazioni,  foto e video dal film.

 

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