Missing, commento alla serie in onda su Fox con Ashley Judd

Missing, commento alla serie in onda su Fox con Ashley Judd

Di emanuele.r

Se c’è una cosa che spesso manca alle serie ABC è l’azione: anche i prodotti più di genere, come polizieschi o thriller, di solito sono abbastanza statici. Deve essere sembrato perciò una specie di trascinante esperimento Missing, la serie che ABC ha lanciato in midseason qualche mese fa e che dal 30 aprile stiamo seguendo in Italia su Fox. Ma quell’esperimento non ha dato i frutti sperati e la serie è stata chiusa dopo una decina di episodi.

La serie vede protagonista Becca Winstone, mamma e fioraia che 10 anni dopo la morte del marito in un’esplosione manda il figlio a studiare a Roma con qualche paturnia. E ha ragione, dato che il figlio è rapito. Becca giunge quindi a Roma intenta a trovare il figlio e può farlo in virtù di un segreto: prima dei fiori, era un’agente della CIA.

Creata da Gregory Poirier (sceneggiatore del Mistero delle pagine perdute) col pilot diretto da Steve Shill, Missing potrebbe essere il remake in chiave femminile di Io vi troverò, con la bella Ashley Judd al posto del granitico Liam Neeson, molto meno razzismo ma anche molta più approssimazione.

Al cocktail aggiungiamo un pizzico di Jason Bourne e avremo il quadro completo di una serie completamente derivativa che però, per i suoi 10 episodi, avrebbe potuto anche dare allo spettatore piacevole e adrenalinico intrattenimento. Ci sono le scazzottate, le sparatorie, gli inseguimenti in motorino o auto, e poi gli intrighi, i segreti e i doppi giochi, per non parlare dei trasferimenti lungo mezza Europa che fanno così spy story.

Ingredienti perfetti per un thriller d’azione senza una sbavatura: eppure Missing non funziona quasi mai, perché l’intreccio si dipana in modo troppo facile e troppo complicato, porta lo spettatore a perdersi dentro e poi risolve tutto in modo troppo semplice (vedere per credere come Becca scopre la targa del furgone che ha rapito il figlio) e perché la fattura è scadente, come dimostrano i numerosi fondali e trasparenti digitali fatti come in un B-Movie anni ’90, in cui Roma, Parigi e le altre città sono lasciate sullo sfondo mentre i personaggi camminano negli studios USA.

Dispiace per Judd in gran forma e per Adriano Giannini che in un ruolo che porta il nome del padre, Giancarlo, non se la cava male. E poi, Sean Bean che muore (pensa un po’) al 3° minuto del pilot dopo 2, dico 2, scene. Non parliamo poi della disonestà di quei cliffhanger in cui lei sembra morta ma è evidente che non può esserlo. Missing è un prodotto da dimenticare o da prendere se si è in cerca di qualcosa per lavare i piatti che non sia Porta a porta.

E voi avete visto Missing? Che cosa ne pensate? Commentate l’articolo qui sotto e restate su Screenweek ed Episode39 per i commenti e gli approfondimenti sulle serie tv.

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