Da un po’ di giorni circola in Italia la notizia che Mediaset è in crisi e oggi la rivista francese Ecran Total riporta che
“Il gruppo Mediaset ha registrato un calo dei ricavi pubblicitari nel primo trimestre 2012 da 7 a 1: le entrate passano a 10,3 milioni di € contro i 68,4 mln € dell’anno precedente. Dalle dimissioni di Silvio Berlusconi, a novembre dello scorso anno, le azioni Mediaset hanno perduto circa il 40% del loro valore”.
A questa dichiarazione, sempre da Cannes, si aggiunge quella del presidente dell’Anica Umberto Tozzi che dice:
“Dopo aver tagliato nella fiction 100 milioni di euro, Mediaset sta fermando l’attività di investimento nel cinema”.
Poco dopo, da Mediaset è arrivata la seguente precisazione:
“[Nel biennio 2012-2013 investiremo] soltanto nell’audiovisivo italiano, escluse le produzioni di intrattenimento, oltre 335 milioni di euro. Una cifra che conferma la fiducia e l’ottimismo che Mediaset, pur in momento difficilissimo, nutre nella ripresa economica del Paese”.
L’azienda fa inoltre sapere che Tozzi è “male informato” e che quest’anno:
“Saranno 75 le serate di fiction prodotte da Mediaset, serate che cresceranno a 95 nel 2013. Anche gli investimenti aumenteranno: da 110 milioni di euro del 2012 a 125 nel 2013. [Nella sezione cinema di Medusa] sono 23 i titoli italiani già contrattualizzati per un valore di oltre 100 milioni di euro”.
Tozzi ha precisato che il caso Medusa non è l’unico, anche la Rai è stata colpita dalla crisi:
“Si vedrà nei prossimi mesi con la Rai. Intanto siamo riusciti a scongiurarla per un pelo. I tagli degli investimenti nella produzione Rai riguardano la fiction, 100 milioni. Questo significa ufficialmente non licenziare i dipendenti Rai, ma penalizzare l’indotto. E sul futuro non sono per niente fiducioso: senza l’aiuto della politica, del governo, l’industria del cinema che si è sempre rimboccata le maniche da sola, questa volta non ce la farà”.
Medusa e RaiCinema sono i maggiori canali produttivi di film in Italia, e la crisi economica che stringe in una morsa il paese sta provocando allarme tra i produttori e i registi italiani. Tozzi ha dichiarato all’Ansa che nel 2011 sono stati prodotti 150 film ma:
“Per il 2012 questa cifra ce la possiamo sognare e nel 2013 sarà ancora peggio”.
Per fronteggiare la situazione in questi giorni è stato presentato a Cannes il progetto ‘Italia in Luce‘ (QUI il nostro reportage da Cannes) che avrà il compito di promuovere il cinema e l’audiovisivo italiano con una partnership pubblica-privata. Presente alla conferenza anche il regista Francesco Raniero Martinotti che due sere fa aveva raccontato all’ansa la vicenda dello stop del suo nuovo film, Tre uomini in buca 9, a venti giorni prima dell’inizio delle riprese, previsto per il 14 maggio a Piombino. La pellicola prodotta dalla Medusa e sostenuta dalla Film Commission Toscana, annoverava nel cast Vincenzo Salemme, Luisa Ranieri, Ricky Memphis e Paolo Ruffini. Martinotti aveva descritto il film come:
“È una sorta di Full Monty ambientato a Piombino, con tre operai delle acciaierie licenziati che si reinventano nel mondo del golf”.
Il regista ha dichiarato che sarà uno dei 70 firmatari di una lettera di protesta che verrà indirizzata a Piersilvio Berlusconi. Per il regista questa mossa sarà una prima scossa:
“Di un bradisisma che coinvolgerà tutti”.
Tra i film prodotti da Medusa che rischiano di saltare c’è Tutti i santi giorni di Paolo Virzì, e le nuove pellicole di Ozpetek, Brizzi, Pieraccioni, Paolo Sorrentino, Paolo Genovese e l’opera prima di Angela Finocchiaro. Giampaolo Letta ha confermato la difficile situazione:
“Vogliamo continuare a fare lo stesso numero di film ma la crisi è gravissima ed è vero che stiamo pensando di interrompete alcuni progetti, ma non parlerei di fermo come fa Riccardo Tozzi, per ora l’unico stop riguarda Martinotti. Certo, di fronte al drastico calo delle risorse pubblicitarie ci vuole una presa di coscienza da parte di tutti, occorre abbassare i costi di produzione, ridimensionare i cachet degli artisti.
Se ci rendiamo conto di essere tutti nella stessa situazione, forse ce la possiamo fare. Bisogna abbassare i costi, lavorare con più flessibilità, far capire ai talenti che i compensi non sono quelli cui erano abituati. L’obiettivo è stesso numero di film, dieci l’anno, a costi inferiori”.