Andrew Dominik è un regista ambizioso. Ad oggi ha realizzato tre film, Chopper, L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford e, per l’appunto, questo Killing Them Softly portato in concorso a Cannes. Sono sempre “bad guy” i suoi protagonisti, uomini che vivono fuori dalla legge e che intendono il mondo come una serie di assegni circolari per i quali bisogna semplicemente farsi avanti e chiedere il contante. Prendere, prendere, prendere. Però, ed è qui che Dominik dimostra di non accontentarsi, ogni suo personaggio è in qualche modo specchio di ciò che gli sta intorno, mai una semplice eccezione, quasi che fare un bel gangster movie che non esca palesemente anche dai confini del genere per diventare dramma universale possa essere roba da gente che naviga a vista, senza coraggio. L’assassinio di Jasse James aveva molti difetti, e sicuramente il prodotto finale non fu aiutato dai tanti tagli di montaggio voluti dalla produzione, ma comunque era una pellicola in grado di sviluppare alcune suggestioni, non avara di un certo fascino. Killing Them Softly è un film dalla struttura più classica (è ispirato al racconto Cogan’s Trade del 1974 di George V. Higgins) , riassumibile in soli tre passaggi:
1) due squattrinati fanno un colpo in una bisca
2) le vittime del crimine assumono un sicario
3) il sicario cerca di risolvere il problema
Troppo semplice seguire la storia per Dominik, che per dare un tono che nobiliti il suo lavoro decide di allungare all’infinito i dialoghi (senza però caricarli di quell’ironia surreale di un Tarantino) e di insistere, quando si può, su dettagli cruenti e sparatorie al rallenti. Davvero poca cosa, anche perchè quest’anno di sicari cinicamente divertenti, ma al contempo spietati, si è già visto il Killer Joe di William Friedkin (in uscita in Italia il prossimo 25 Maggio) con uno straordinario Matthew McConaughey (che già dal look ricorda il Brad Pitt di questo film). Ancora non siamo però arrivati alla parte più fastidiosa del tutto, ovvero a come Dominik decida di farci sorbire ogni qual volta che appaia un televisore o una radio accesa, i discorsi politici di Bush, Cain e Obama alla vigilia delle elezioni del 2008. Ecco gli Stati Uniti di ora, quelli che si fanno belli con parole e concetti che non esistono in realtà sulle sue stradem falsa, lontana da quell’idea di comunità che tanto vanno vendendo in giro. Una considerazione che potrà anche essere giusta, ma che fino al discorso finale di Brad Pitt non trova nessun aggancio con la storia, viaggiando su una dimensione davvero lontana e che se non venisse spiegata esplicitamente alla fine non avrebbe nessuna possibilità di essere decapitata.
Peccato. Dominik ha una mano ed un occhio non indifferente ed alcuni momenti del film sanno di grande cinema. Brad Pitt (che ha coprodotto il film) timbra il cartellino senza sforzarsi troppo, mentre risultano sprecatissimi gli ingaggi di James Gandolfini e Richard Jenkins. Bravi invece Scoot McNairy e Ben Mendelson: finchè il film segue le loro gesta (ovvero per i primi venti minuti) il film sembra avere faccie e ritmo giusto. Peccato per ciò che poi segue.
Anche ScreenWeek quest’anno è alla 65esima edizione del Festival di Cannes, la manifestazione cinematografica che si terrà dal 16 al 27 maggio. Per recuperare tutte le news e le recensioni dalla croisette andate nella nostra Sezione Speciale, cliccate sul riquadro sottostante (anche sul Mi Piace) oppure andate sulla nostra Pagina Facebook.