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Titanic-Nascita di una leggenda, il commento alla miniserie Rai

Pubblicato il 20 aprile 2012 di emanuele.r

Sono passati 100 anni dall’affondamento del Titanic. E sono passate poco più di due settimane dall’uscita in 3D di Titanic, il capolavoro del ’97 di James Cameron che con la stereoscopia è tornato a nuova vita. Per festeggiare il centenario e sfruttare la scia del secondo passaggio del transatlantico al cinema, Rai 1 ha presentato oggi Titanic-Nascita di una leggenda, ma miniserie in 6 parti che da domenica andrà in onda ogni settimana in prima serata.

La storia si svolge prima della partenza del transatlantico, durante la costruzione della nave: protagonisti Mark (interpretato da Kevin Zegers), l’ingegnere che si propone di rivoluzionare l’uso dei materiali della White Star, e Sofia, copista nell’azienda che comincia a collaborare con l’uomo e forse a innamorarsene. Sullo sfondo, il conflitto di classe, la lotta sindacale degli inizi del ‘900, i cambiamenti culturali e sociali.

Kolossal co-prodotto dalla Rai (motore del progetto con la produzione di Guido e Maurizio De Angelis) con società inglesi, tedesche e americane per un costo di circa 24 milioni di euro, Titanic-Nascita di una leggenda, il cui nome di lavorazione era Sangue e acciaio, è una dramma storico in costume scritto da Mark Skeet, Matthew Faulk, Stefano Voltaggio, Alan Whiting e Francesca Brill e diretto da Ciaran Donnelly, sorta di prequel del film vincitore di 11 oscar che si rifà alle opere di Ken Follett, come se fosse una sorta dei Pilastri della terra col Titanic al posto della cattedrale.

Ci sono infatti tutti gli elementi della grande narrativa popolare, tanto letteraria che audio/visiva: un grande evento spettacolare e tragico – questa volta suggerito ma presente nella testa dello spettatore -, il senso di morte che si scontra con la grande storia d’amore, gli scontri sociali e politici che si mescolano con la religione, visto che il racconto si svolge tutto nella Belfast divisa tra cattolici e protestanti (non a caso, il leader del movimento sindacale è visto come un proselita), il confronto tra progressismo e conservazione.

E la miniserie riesce a far sentire allo spettatore di Rai 1 lo scarto tra questa produzione e la media delle fiction nostrane: il respiro visivo, l’eleganza della regia, della messinscena, la cura dei particolari scenografici è notevole. Quello che però manca è la passione, la forza narrativa, il ritmo e il senso dello spettacolo (in senso lato) dei migliori prodotti di questo genere, rendendolo così un po’ accademico, spento nonostante i valori in campo. Un prodotto comunque dignitoso, che ha l’onore di avere ben 4 attori italiani e tutti tra i migliori del cast: Alessandra Mastronardi ormai è in ascesa internazionale dopo To Rome with Love di Woody Allen, Massimo Ghini è una sicurezza per lo spettatore tv, Edoardo Leo ha un bel viso  da cinema e Valentina Corti potrebbe essere una delle sorprese dei prossimi anni.

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