Attenzione: il seguente articolo contiene spoiler. Continuate a leggerlo a vostro rischio o se avete visto l’episodio.
Dopo averci regalato a Natale il pilot della serie, Fox ha fatto partire martedì seraC’era una volta (Once upon a Time), la nuova serie firmata da Edward Kitsis e Adam Horowitz (Lost) di cui abbiamo già parlato qui e che seguiremo ogni settimana per i lettori di Screenweek. Oltre a riproporre il pilot (dal titolo Mai più un lieto fine), la rete del pacchetto Sky ha proposto anche il secondo episodio, La cosa che più ami (The Thing You Love Most).
La trama è quella che avrete letto da più parti: dopo il matrimonio tra Biancaneve e il principe azzurro, la Regina cattiva fa un sortilegio che distrugge il mondo delle fiabe, blocca il tempo e fa vivere i personaggi nel mondo reale,senza coscienza di chi siano. L’unica a poter spezzare l’incantesimo è Emma, la figlia di Biancaneve abbandonata per salvarla: ma Emma Swan, addetta al recupero cauzioni, non ha idea di cosa dica il piccolo Henry, il figlio che lei stessa abbandonò 10 anni prima, quando la trova raccontandogli queste storie assurde.
Scritti dai creatori e diretti da Mark Mylod e Greg Beeman, i due episodi ci mostrano un drama fiabesco (trasmesso in America da ABC) in cui il mondo immaginario dei racconti diventa una vicenda familiare e di vendetta (tema che con Revenge va molto di moda anche in tv) sullo scontro tra un bene inconsapevole e un male onnipotente.
Aperto da un inizio che pare la versione live-action dei classici cartoon della Disney, lo show prova a rendere più concreto e interessante il lavoro di destrutturazione delle favole che dai libri di semiotica è giunto fino a Shrek: così tutti i personaggi delle favole che vediamo nei flashback in veste più o meno classica, dal triangolo Biancaneve/Regina/Principe (con tanto di mela avvelenata e bacio fatato) a Tremotino, dal Grillo Parlante allo Specchio magico, diventano nel mondo “reale” una maestra, il sindaco o uno sceriffo, un proprietario immobiliare o uno psichiatra, fino a The Mirror, un giornale diretto dall’attore Giancarlo Esposito (il Gus di Breaking Bad). Ma questo gioco di trasposizione dei personaggi non è solo un giochetto ironico, ma aiuta i creatori a rendere più credibile e contemporanea la storia di un’eroina ignara di tutto (“L’eroe non deve crederci subito, sennò non sarebbe una gran storia”, dice Henry a Emma) che comincia a fare i conti con la propria solitudine e con la propria vita che, giunta ai 28 anni, deve trovare una svolta: ossia la profezia di Tremotino, che ai genitori della piccola, dice che il loro erede tornerà a quell’età per salvarli.
Se il primo episodio presenta la situazione di partenza con Emma – che ha il dono di capire se qualcuno mente – che resta nel paesino di Storybrooke per controllare che il figlio sia davvero felice con la madrina Regina (il sindaco, appunto) che non lo ama davvero, il secondo (aperto dalla bellissima Don’t Be Shy di Cat Stevens) va più a fondo nella storia privata della regina, nel suo incantesimo e nello scontro con Emma nel mondo reale: la matrigna di Biancaneve vuole vendicarsi della figliastra non perché è piùbella, ma perché ha fatto morire l’uomo che amava e per poter scatenare il sortilegio che toglierà il lieto fine dal mondo – che ruberà dalla strega della Bella addormentata – deve sacrificare il cuore di chi ama davvero, ossia il padre che da maggiordono cerca di farle fare la scelta giusta, dissuadendola dalla vendetta.
E nel mondo reale, Regina – l’unica a essere cosciente di ciò che è stata – si trova ad affrontare la minaccia inaspettata di Emma che un po’ per amore del figlio un pò per voglia di sfida contro la subdola prima cittadina, resta nel Maine a giocare una partita – chiamata Operazione Cobra da Henry – fatta di trucchi, inganni e sotterfugi: e se Emma scopre di non essere più sola, Regina impara che la paura che ha sparso nel tempo, che grazie a Emma comincia a sbloccarsi, partendo dall’orologio del campanile, la renderà sempre più sola e piena di nemici, a partire dal signor Gold/Tremotino.
A dire la verità, in questi primi due episodi non si riesce a capire il senso e la funzione di un’operazione del genere (comunque migliore di un goffo pasticcio come Grimm, su simili tematiche), ma bisogna ammettere che dopo lo spiazzamento iniziale, si entra di più e meglio nelle dinamiche dei personaggi e dell’intreccio, gli attori sono bravi (sicuramente più i cattivi Lana Parrilla e Robert Carlyle che le buone Ginnifer Goodwin e Jennifer Morrison) e le ambientazioni affascinanti.
Almeno quelle del presente, che il mondo delle fate – specie nel secondo episodio – è fatto da brutti effetti digitali solo un gradino sopra a quelli dei nuovi Visitors: perché non realizzarlo in animazione, seguendo l’esempio di Come d’incanto, o limitarli al minimo? E’ un dubbio che ci seguirà, forse, negli episodi successivi, a meno che non pongano rimedio o ci abtuiamo allo stato delle cose. Sicuramente la voglia di seguire lo sviluppo dell’intreccio è rimasta, e non è poco. Voi cosa ne pensate? Restate con Screenweek per seguire le vostre serie preferite e settimana prossima con C’era una volta.