Ogni volta che J.J. Abrams fa partire in tv un nuovo progetto, se ne parla sempre tantissimo. Il che accade veramente spesso, considerando come questo profilifico producer proponga in media una miridiade di progetti ogni anno. Quest’anno neanche erano iniziati Person of Interest (premiato all’ultima edizione dei People’s Choice Awards) e Alcatraz, di cui vi parliamo ora, che già si era iniziato a parlare dei progetti che lo vedranno protagonista durante la stagione televisiva 2012-2013.
J.J. Abrams è uno che ha fatto la storia del piccolo schermo, con un certo Lost – che sono certo abbiate sentito nominare di rado, o con i più vecchiotti eppur amatissimi Alias e Felicity e last but not least Fringe. Quanto di veramente suo ci sia dietro questi serial, che spesso ci si dimentica portano la firma di illustri writers, non si sa.. però una cosa è certa: ogni serial di Abrams è fonte di chiacchere e grandi aspettative (anche quel triste flop di Undercovers).
Alcatraz, partito Lunedì sulla FOX, è l’ultimo della scuderia della Bad Robots. Con dieci milioni e passa di telespettatori, che hanno seguito le prime due puntate, le prospettive sono rosee. Noi di ScreenWeek abbiamo visionato il pilot, che andrà in onda il 30 Gennaio su Mediaset Premium, e siamo qui a parlarvene.
Attenzione: se non avete già visto gli episodi, NON continuate la lettura! L’articolo contiene anticipazioni.
Ma prima di tutto, andiamo a vedere di cosa parla Alcatraz. Il 21 Marzo 1963 Alcatraz venne ufficialmente chiusa. Tutti i prigionieri vennero trasferiti fuori dall’isola. Ma questo non è ciò che accadde realmente. Niente affatto. E’ in questo modo che si apre l’episodio, con una voce narrante che ci “introduce” alla storia che il serial intende raccontare. La premessa è questa: i prigionieri di Alcatraz, nel ’63, sono tutti misteriosamente scomparsi – insieme a guardie e quant’altro (precisamente 256 prigionieri e 46 guardie). Per “insabbiare” la storia, il governo dichiara la chiusura di Alcatraz con annesso trasferimento dei prigionieri fuori dall’isola. Ora, tutto sarebbe rimasto sepolto se non che, ad un certo punto, nel nostro presente.. improvvisamente iniziano a riapparire quei prigionieri scomparsi.
Nel pilot, la detective Rebecca Madsen si ritrova a dover affrontare un caso alquanto complicato. Indagando su un omicidio, infatti, la Madsen trova sulla scena del crimine un’impronta appartenente a Jack Sylvane, uno dei criminali rinchiusi nella tremenda Alcatraz e che risulta morto da decenni. Per fare luce sulla questione, Rebecca si rivolge ad un esperto di Alcatraz, autore di innumerevoli romanzi sull’argomento: Diego Soto.
Insieme i due iniziano ad indagare, e – se prima l’agente federale Emerson Hauser avesse tentato di ostacolare le sue ricerche – alla fine decide di renderla partecipe del progetto, insieme a Lucy, tecnico di laboratorio. Rebecca e Diego scoprono quindi la verità, ovvero che Alcatraz non è mai “stata chiusa” e che i suoi prigionieri non sono mai stati trasferiti, ma che sono appunto misteriosamente scomparsi – per ricominciare poi ad apparire, improvvisamente, nel loro presente da qualche tempo a questa parte.
Sylvane, intanto, che non è invecchiato d’un giorno, continua a mietere viettime, finchè Rebecca e Hauser non riescono finalmente ad arrestarlo. L’episodio si conclude con Hemerson che porta il prigioniero in una sorta di Alcatraz ricostruita, promettendogli che presto sarà raggiunto dai suoi ex “conquinquilini”.
In Ernest Cobb, Rebecca e gli altri si ritrovano ad aver affrontare un altro dei prigionieri di Alcatraz, improvvisamente ricomarso. Facciamo la conoscenza di Ernest Cobb, un cecchino il cui modus operandi è il compimento di tre sparatorie, una al giorno, per poi trasferirsi in un’altra città.
L’agente Madsen, Diego, l’agente Hauser e la sua assistente Lucy devono quindi riuscire a trovare Cobb prima che compia la prossima strage. Quando riescono a trovare una pista su dove Cobb possa trovarsi, Rebecca , Diego e Lucy si ritrovano in una trappola, ed è Lucy a pagarne le spese che viene sparata in pieno petto da Cobb. Ancora più motivati a trovare l’assassino, i nostri scoprono qualcosa di più sul passato del killer. Dopo essere cresciuto in un orfanotrofio, Cobb va alla ricerca della madre, solo per trovarla già sistemata in un’altra famiglia e con un’altra figlia.
La Madsen inoltre scopre, visitando la cella del detenuto in quel di Alcatraz, il luogo dove la prossima sparatoria possa avere atto e riesce così a fermare, insieme all’agente Hauser, la terrificante vendetta del prigioniero. Nel finale, Hauser porta anche Cobb in una prigione segreta: lui e Sylvane sono i primi due detenuti della struttura. Ma non finisce qua: l’episodio si chiude con quello che è stato forse il momento più “eccitante” delle due ore. In un flashback, vediamo Lucy nel 1960 operare per conto dell’allora direttore del carcere: è Lucille Sengupta.
Alcatraz si dipana alternando il presente ai flashback del passato, il che strizza l’occhiolino al modus operandi di Lost . In questo modo da una parte seguiamo il presente dei protagonisti, intenti nella ricerca del prigioniero di turno, e tramite flashback sappiamo qualcosa di più su di loro e soprattutto sulla loro permanenza ad Alcatraz.
Come e perché i detenuti siano scomparsi, e abbiano poi iniziato a riapparire, è il mistero che la serie vuole raccontare. In questa premiere non ci vi viene rivelato praticamente nulla, se non che dietro potrebbe esserci l’agenda di qualcuno. E in effetti, i prigionieri che ritornano sono spinti sì da una loro vendetta personale ma Sylvane giustifica uno degli omicidi commessi come un’ordine fattogli da qualcuno. Non dimentichiamoci che sia Sylvane che Cobb avevano a disposizione vestiti e soldi.
La mia opinione su Alcatraz è piuttosto negativa. In primis è piena dei soliti chlichè: la Madsen è orfana di entrambi i genitori, ha perso il suo partner lavorativo (che è stato ucciso da uno degli ex prigionieri, che poi si scopre essere addirittura suo nonno!); è un personaggio visto e stravisto. Senza contare, poi, che Sarah Jones non ha per niente il carisma della protagonista. Come la Madsen, anche il resto dei personaggi non hanno alcun mordente. Lo stesso Garcia, da cui mi aspettavo qualche momento comedy in più, delude (che poi, la coppia detective-scrittore è già in auge e funziona meglio, vedi Castle..).
Tutto sommato, per quanto mi riguarda, Alcatraz sa di rivisto e rivisto, soprattutto per uno che i serial di Abrams li ha seguiti più o meno tutti. C’è un po’ di Alias, c’è tanto Lost , e un pizzico di Fringe. Cambia il modo in cui è servito, insomma, ma gli ingredienti che compongono il piatto sono sempre gli stessi. Durante la visione del pilot, riuscivo a pensare solo ad una cosa: voglio guardare Fringe!