Cinema

A.C.A.B., la recensione in anteprima

Pubblicato il 25 gennaio 2012 di laura.c

Dalla Diaz di Genova agli scontri all’Olimpico in seguito alla morte del tifoso Gabriele Sandri: esiste un filo rosso (ovviamente sangue) che lega i recenti fatti di cronaca, che hanno visto protagonista la polizia italiana nei primi turbolenti anni di inizio millennio? Secondo il regista della serie tv di Romanzo Criminale, Stefano Sollima, la risposta sembra trovarsi in un malessere che attraversa tutta la società e si riflette nelle forze dell’ordine gettate in prima linea per arginarlo. Sono i celerini, le guardie del reparto mobile, in questo caso di Roma, che con scudo, casco e manganello cercano di reprimere le esplosioni di violenza ripagandole con la stessa moneta. Uomini che non sembrano avere né i mezzi, né la preparazione né la volontà di estirpare il male alla radice, e perciò continuano a combatterne le ramificazioni più superficiali in un circolo vizioso di degrado morale e omertà.

Questo il background di A.C.A.B., adattamento del libro omonimo firmato dal giornalista Carlo Bonini e dedicato alle ombre che circondano il nucleo meno “presentabile” della polizia di Stato. Quello preposto a respingere cortei e tifosi, a svuotare stabili occupati e sgomberare campi nomadi. Quello, cioè, che ogni giorno viene a contatto con i mali del mondo e che si vede sempre nelle foto sui giornali o alla tv, ma di cui raramente si riesce a scorge il volto. Anche perché  se ci riuscissimo, forse non ci piacerebbe riconoscere ciò che vediamo: carne da macello, animata in teoria da valori profondamente nobili ma in pratica impantanati nello stesso fango in cui i loro paladini sono costretti a muoversi. Una palude di ideali spezzati, povertà estrema e soprattutto impossibilità di intravedere un minimo riscatto sociale e la rabbia causata da tale consapevolezza.

Il materiale narrativo di partenza, quello del libro di Bonini, si  ispira direttamente a storie vere di agenti e di tifosi, mentre il regista e gli sceneggiatori, provenienti dalla famosa serie tv sulla Banda della Magliana, hanno deciso di stravolgere l’impostazione del testo per creare  un racconto cinematografico diverso, più rivolto verso il poliziottesco e il noir, ma intriso di uno sguardo sociale che fa da motore all’azione pur senza risultare né esaurito né esaustivo. Il film, insomma, sembra troppo sospeso tra varie aspirazioni: la prima, non proprio riuscitissima, è evidentemente quella di essere un action movie, seguita da quella di voler apparire “brutto, sporco e cattivo” ma non offensivo verso nessuno, politicamente scorretto ma bipartisan, violento ma non truce, e soprattutto di ritrarre in sottofondo tutti i nodi critici della nostra società. Ne risulta un troppo debole impeto di denuncia, che emerge solo a tratti e soprattutto a orologeria:  si appiccica all’azione senza che le due si integrino in maniera funzionale, e senza conferirle quella spinta in più capace di coronare pienamente l’opera di Sollima quale film di genere. Lo stesso titolo A.C.A.B., acronimo del motto All Cops Are Bastards, è quasi addolcito dai drammi personali dei singoli soggetti, che finiscono per costituire il ritratto angusto di un male da cui non sembra afflitto l’intero corpo sociale ma solo le sue frange estreme, i suoi muscoli in esplosione.

Ciò non toglie che il film sia realizzato con eleganza e cognizione di causa. Dalla regia all’ottima interpretazione di Favino, passando per i comprimari Nigro e Marco Giallini, a dire il vero forse un po’ troppo monoespressivo, il film vanta uno stile cupo e interessante, adatto a sottolineare il chiaroscuoro dei diversi personaggi. Quello che manca è invece la scintilla, oltre che una direzione precisa – in questo film un po’ latitante – a cui neppure il cast, con tutto il suo impegno, è riuscito a sopperire fino in fondo.