Nel fare il classico consuntivo dell’anno cinematografico che sta per finire, bisogna ammettere che nonostante tutto il 2011 è stato un buon anno, i film belli, bellissimi o anche di più non sono mancati e personalmente era qualche stagione che non mi capitava un’annata con 2 capolavori – i primi due della classifica – e parecchi film in bilico sull’esserlo. Citazione d’obbligo quindi per i film rimasti fuori dalla top 5: Another Year di Mike Leigh, Habemus papam di Nanni Moretti, This Is not a Film di Jafar Panahi, Drive di Nicolas Winding Refn e The Artist di Michel Haznavicious. Ma ora via con la classifica.
5° posto: Faust di Aleksandr Sokurov
Il Leone d’oro dell’ultima mostra di Venezia è la rilettura del dramma di Goethe fatta da un maestro russo che nel suo cinema ha sempre dato l’addio al mondo, alle persone, alle idee: qui dall’addio all’innocenza, raccontando attraverso sperimentazioni visive e riflessioni metafisiche il mondo che si vende al diavolo. Richiede una grande attenzione e concentrazione da parte dello spettatore, ma ne vale la pena.
4° posto: Midnight in Paris di Woody Allen
Il più bel film di Woody dai tempi di Harry a pezzi e non a caso si svolge a Parigi, luogo mitico in cui si annidano tutte le fonti e i background culturali del regista newyorkese: che in questa andata e ritorno dagli anni ’20 riflette sulla difficoltà di vivere i nostri giorni e su come sia comoda e falsa la nostalgia. Ma soprattutto, ritrova la magia dei dialoghi, della regia, dei luoghi, il tocco ironico e acutissimo, lo splendore del racconto. In una parola, il suo grande cinema.
3° posto: Una separazione di Ashgar Farhadi
Raccontare l’Iran, il suo giogo sotterraneo, la sua paura sottile senza farsi bloccare dal regime: è la sfida vinta splendidamente da Farhadi che in questo film che ha vinto l’Orso d’oro a Berlino racconta cosa significhi la verità in un paese che politicamente e religiosamente è sotto dittatura. Un dramma familiare che si svela scena dopo scena fino a diventare una sorta di thriller delle parole: tesissimo, inquietante, e nel suo realismo tra quattro mura, trascinante. Si spera nell’Oscar al film straniero.
2° posto: Pina di Wim Wenders
Il miracolo dell’anno: Wenders riesce a convincere la grande coreografa Pina Bausch a concedere (prima della morte) il permesso per fare un film sui suoi balletti, e ci riesce solo grazie al 3D. E non solo fa un omaggio denso, intenso ed emozionato all’artista attraverso le sue opere e i suoi ballerini, ma soprattutto reinventa il concetto di corpo, gesto, movimento e spazio al cinema, usando finalmente la stereoscopia per catturare lo spazio al cinema, per uscire dai propri limiti, non per costringervi lo spettatori. Certo, se non si ama il balletto contemporaneo ci si può annoiare: ma se solo si è un po’ curiosi, è un viaggio incredibile.
1° posto: The Tree of Life di Terrence Malick
Il film evento del 2011, premiato con la Palma d’oro, idolatrato ma anche fischiato. Ma è un capolavoro vero, un film grandioso e inarrivabile, che andrebbe amato solo per l’ambizione immane di voler raccontare l’universo, il suo rapporto con l’essere umano, l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo in un solo film. Un poema audio visivo che sperimenta con le immagini, i suoni, le musiche, i colori, i linguaggi e i modi di comunicare al pubblico con una libertà anche emotiva che al cinema non si vedeva da moltissimo. Per qualcuno è un film new age, ma in realtà è un film spirituale, filosofico e intimo nella sua grandezza. Che non si fa dimenticare.