I Migliori Film del 2011 – parte tre

I Migliori Film del 2011 – parte tre

Di Filippo Magnifico

Il 2011 volge al termine e, come tradizione impone, arrivano i consueti post che cercano di riassumere quello che è stato il meglio di quest’annata cinematografica. Dopo la classifica di Leotruman e quella di Marco, ecco, dunque, quella del sottoscritto. Prima di cominciare è meglio però precisare alcune cose: prima di tutto io e le classifiche non abbiamo mai avuto un buon rapporto. Mi risulta sempre difficile stabilire la disposizione sul podio, quindi i titoli che trovate qui sotto sono elencati in un ordine puramente casuale. In secondo luogo – e ci aggiungerei anche un bel “purtroppo” – se notate alcuni “grandi esclusi” il motivo è semplice: non li ho visti. Ad esempio sono sicuro che, conoscendo i miei gusti, un posto d’onore lo meriterebbe The Artist, ma il destino ha voluto riservarmi la visione di questo film al 2012. E chi sono io per oppormi al destino? Quindi diamo il via alla mia personalissima Top 5:

Il Cigno Nero di Darren Aronofsky

Sono sempre stato del parere che ogni autore nel corso della sua carriera sia in grado di raggiungere un picco di perfezione che difficilmente, diciamo anche mai, riuscirà a superare. Qualche anno fa – con il bellissimo The WrestlerDarren Aronofsky ha quasi toccato questo culmine, senza però raggiungerlo. Ok, anche Black Swan non raggiunge quella perfezione a cui mi riferisco, ma il discorso è un altro: se anche un’opera incredibilmente potente come questa può risultare “incompleta”, allora viene sul serio da chiedersi quali sorprese sia ancora in grado di regalarci quest’autore?

Melancholia di Lars Von Trier

Non esistono mezze misure quando si parla di Lars Von Trier: o si ama o si odia. E indovinate un po’? Il sottoscritto lo ama da impazzire. Era solo una questione di tempo. Prima o poi l’odio cosmico che questo regista nutre nei confronti dell’umanità – sé stesso compreso – si sarebbe risolto in un benservito cinematografico raccontato in pompa magna, come solo lui sa fare. Melancholia prosegue un’ideale strada inaugurata con il controverso e al tempo stesso splendido Antichrist e si pone nei suoi confronti come la parte pura di un ipotetico “yin yang”, il cui tema portante è proprio la perdita di ogni speranza e il totale abbandono nei confronti di una natura che, volenti e nolenti, e sempre un passo avanti noi.

Drive di Nicolas Winding Refn

L’autorialità più pura, che se ne frega di generi, situazioni e personaggi. Quella diretta da Nicolas Winding Refn è una pellicola che ci guida attraverso un viaggio silenzioso, pervaso di una tensione palpabile e di una violenza che sembra pronta ad esplodere da un momento all’altro e che quando lo fa riesce a stamparsi in maniera indelebile nella mente dello spettatore. Drive è riuscito a portare ad un livello superiore quello che, in altre mani si sarebbe risolto solo in uno stanco e inutile déjà-vu. A questo uniteci un cast decisamente in forma, capeggiato da un Ryan Gosling che, senza timore di esagerare, si può definire “da standing ovation”.

Carnage di Roman Polański

Il kammerspiel visto attraverso gli occhi di Roman Polański è quanto di più sublime si possa immaginare. Merito di quattro attori che sembrano continuamente fare a gara per il primo posto e di una storia in grado di accumulare tensione esorcizzandola nel migliore dei modi. Carnage è un’opera tanto complessa quanto semplice ed è proprio questo suo duplice livello che la rende tanto affascinante.

Source Code di Duncan Jones

Il titolo che nessuno si aspettava? E anch’io in effetti non mi sarei mai aspettato di gradire a tal punto questa pellicola. È vero, Moon aveva messo in evidenza le potenzialità di Duncan Jones, figlio del Duca Bianco David Bowie, ma questo Source Code sembrava solo l’ennesimo blockbuster, affidato nelle mani di una delle tante promesse del cinema hollywoodiano e interpretato dal divo di turno. Dopo averlo visto però mi è toccato fare un bel “mea culpa”. Ci troviamo infatti di fronte ad un lungometraggio perfettamente calibrato. È sempre bello guardare una pellicola di genere senza trovarsi a rimpiangere la vecchia sci-fi di una volta.

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